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FUTURO

Lo Champagne guarda avanti e ridisegna i confini della propria area di produzione

Inao al lavoro dal 2013: nel 2026 il progetto definitivo, con un occhio al cambiamento climatico ed uno alle esigenze di mercato
AOC, AREA DI PRODUZIONE, CHAMPAGNE, CONFINI, INAO, Mondo
Lo Champagne pensa al futuro

Con un fatturato di 5,7 miliardi di euro nel 2021, lo Champagne si conferma la più ricca e remunerativa denominazione del vino al mondo. Che, da qualche anno, sta lavorando alla ridefinizione dei propri confini e della propria area di produzione. Un percorso avviato già nel 2005, e che terminerà, probabilmente, nel 2026, non senza qualche difficoltà, perché un eventuale ampliamento dell’areale produttivo rischia di avere un impatto negativo sul valore dei vigneti, che oggi spuntano quotazioni superiori al milione di euro ad ettaro. Sul fronte produttivo, parallelamente, la scarsità è decisamente più semplice da gestire della sovrapproduzione. Eppure, lo Champagne dimostra, anno dopo anno, di saper gestire in maniera equilibrata la propria crescita, che passa anche per una revisione dell’attuale area di produzione.

Dal 2013, così, gli esperti dell’Inao - Institut National de l’Origine et de la Qualité, hanno iniziato le perizie sui terreni della Champagne, sia per determinare quali parcelle potrebbero eventualmente entrare nella Aoc, sia per decidere se quelle che ne fanno parte meritino di restarci.
“Stiamo svolgendo un lavoro insieme ai tecnici di Inao - spiega a “Vitisphere” Maxime Toubart, presidente del Sindacato Generale dei Viticoltori della Champagne - per riuscire a rispondere agli effetti del cambiamento climatico. Ci sono delle parcelle esposte a Sud che soffrono moltissimo negli anni di siccità: dobbiamo chiederci che condizioni climatiche avremo tra 30 anni, e lavorare di conseguenza ad un progetto che sappia disegnare una nuova area di produzione dello Champagne, che dovrebbe essere presentato nel 2026”. Ed entrare, ipoteticamente, in vigore nel 2029: solo per accogliere e gestire i più che probabili ricorsi, infatti, ci vorranno tre anni.

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