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MARCO PALLANTI ANCORA AL VERTICE DEL CONSORZIO DEL CHIANTI CLASSICO. IL PRESIDENTE PALLANTI A CONVEGNO A BROLIO SULLA FIGURA DI BETTINO RICASOLI: “C’È POCO “INDIVIDUO” NEI DISCIPLINARI ODIERNI TROPPO SPESSO AFFLITTI DA LACCI E LACCIOLI BUROCRATICI”

Italia
Marco Pallanti al vertice del Chianti Classico

Unanimità per Marco Pallanti (Castello di Ama): così uno degli enologi-imprdnitori più bravi e seri d’Italia è stato confermato alla guida del Consorzio del Vino Chianti Classico. Il cda ha così riaffidato a Pallanti il delicato compito di guidare il più grande Consorzio vinicolo d’Italia che conta 600 produttori, di cui 350 imbottigliatori, per una produzione annua di oltre 40.000.000 di bottiglie.

La rielezione di Pallanti rappresenta il riconoscimento dell’ottimo lavoro svolto in tre anni dal produttore-enologo fiorentino che ha guidato il consorzio con spirito innovativo e lucida gestione dei momenti più difficili. La nomina di Marco Pallanti è avvenuta il consenso delle differenti categorie rappresentate nel cda: produttori imbottigliatori, cantine sociali e industriali.

La prima uscita ufficiale del riconfermato presidente in quel di Brolio nel convegno (“Bettino Ricasoli, il suo disegno e la sua attualità nella congiuntura degli anni 2000”), che segnava il duecentesimo anniversario della nascita del “Barone di ferro”, dove Marco Pallanti, insieme ad esperti e autorità del mondo socioeconomico agroalimentare, hanno analizzato la figura di Ricasoli e la lungimiranza del suo pensiero rapportandolo ai temi e alle problematiche del Chianti Classico e delle viticoltura di oggi.

L’incontro ha dato l’occasione a Pallanti per una riflessione che, partendo dal “Barone di Ferro”, prova a tracciare la strada per il nuovo millennio del Gallo Nero: “trascorsi 200 anni dalla nascita di Bettino Ricasoli, il suo pensiero appare nella sua vera grandezza, complesso e profondo, proprio come giudicheremmo quel “Vino Sublime” da lui così caparbiamente ricercato” afferma Pallanti. “Ma la grandezza del suo disegno sta proprio nell’immortalità dei concetti che esprime, assolutamente attuali anche oggi. Il Ricasoli per primo capisce che il nostro territorio può diventare un “terroir” ed inizia a consultare la natura vagliandola attraverso la ragione. Il suo lavoro riposiziona il territorio, nelle sue macro e micro identità, a ruolo di bussola di riferimento per la ricerca. Ma tutto ciò non può evidentemente prescindere dall’ineludibile connubio con le varietà e con l’uomo. C’è poco “individuo” nei disciplinari odierni troppo spesso afflitti da lacci e laccioli burocratici. In sostanza, se da una parte il messaggio di Ricasoli insiste sul rispetto dell’unicità del vino del Chianti ottenibile attraverso la certificazione del luogo di origine, allo stesso tempo valorizza l’unicità del produttore nella ricerca di un gusto che deve necessariamente essere esclusivo. Il nostro compito di eredi rispettosi del suo pensiero è perciò quello recepire questo basilare insegnamento, cercando di migliorare sempre il nostro vino, rendendolo più competitivo, ma sempre nel più assoluto rispetto della tradizione e quindi di “tradere” nel futuro queste sue volontà sulle quali è certamente valsa la pena oggi riunirsi, qui in casa sua, per ricordarlo”.

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