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APICOLTURA PROFESSIONALE

Miele italiano, gli apicoltori pensano ad una grande campagna mediatica a sostegno dei consumi

Report straordinario dell’Osservatorio Nazionale: produzione 2019 a -50/70% e nel 2020 le previsioni non sono buone. Non va meglio nel resto del mondo
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Nel 2019 crolla ancora la produzione di miele italiano

Clima impazzito, da un lato, con il maltempo ed il susseguirsi di eventi meteorologici estremi, tra grandine, burrasche di vento, esondazioni e temperature anomale, e, dall’altro, un mix tra gli effetti del cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale dovuto a pratiche agricole scorrette, patologie delle api e aggressori dell’alveare: ecco lo scenario di un 2019 che per il miele italiano è stato un’apocalisse, con la perdita, anche totale, di intere produzioni. A partire dai mieli primaverili, con l’acacia, termometro di salute dell’apicoltura professionale e produzione più importante al Nord, praticamente azzerata, e con quella di agrumi, varietà di punta, invece, al Sud, del tutto insoddisfacente, con un danno economico stimato per il mancato raccolto di 73 milioni di euro, su una produzione nazionale che non supera 150 milioni. E come se non bastasse, neppure la modesta ripresa produttiva della stagione estiva è riuscita a compensare perdite già così forti. A dirlo è un report straordinario dell’Osservatorio Nazionale Miele, analizzato da WineNews, per il Congresso dell’Apicoltura Professionale Italiana Aapi (Grosseto, 29 gennaio-2 febbraio), dal quale gli apicoltori italiani lanceranno un nuovo allarme per la gravità della crisi del settore che mette a rischio l’esistenza stessa di molte aziende.
“Con una produzione diminuita mediamente del 50% con punte del 70% in alcune regioni, abbiamo registrato il peggior crollo del decennio - spiega Giuseppe Cefalo, presidente Unaapi, tra i promotori del Congresso con Arpat e, tra gli altri, Cia, Conapi e l’Osservatorio, con il patrocinio della Regione Toscana - e questo è dovuto all’estremizzazione climatica con impatto diretto e indiretto sulle api, perché i fiori danneggiati non producono più nettare impedendo loro di nutrirsi e lavorare, fino a provocarne la morte”. Un decennio che finisce drammaticamente per il miele italiano, ed uno che inizia con previsioni “che per il 2020 non sono molto buone - aggiunge - in un trend negativo negli anni che non si arresta. Tanto che stiamo pensando a strumenti straordinari per gestire il rischio produttivo come le assicurazioni e ad una grande campagna mediatica a sostegno e per la promozione del prodotto nazionale, come alimento naturale, nutrizionale, legato ai territori di origine”. Ma non è andata meglio negli altri Paesi, i cui apicoltori si confronteranno con i colleghi italiani: “da un lato arrivano segnali gravissimi soprattutto dal Nord America, e dagli Stati Uniti in particolare, in mancanza di divieti per i pesticidi, dall’altro si registrano gli effetti della crisi climatica in tutta Europa e in buona parte degli altri Continenti, con le zone nordiche verso il Polo e di alta montagna uniche aeree che vedono un incremento” sottolinea il portavoce internazionale degli Apicoltori Professionisti dell’Unaapi, Francesco Panella.
Uno scenario nel quale all’aumento dei costi di produzione per gli apicoltori, costretti a ricorrere all’alimentazione di soccorso e a frequenti spostamenti delle api, si aggiunge il danno economico delle perdite produttive. “Il calo di mercato riguarda maggiormente il miele convenzionale (-10%), a fronte di un +3% per il biologico - sottolinea Diego Pagani, presidente Conapi - una contrazione dovuta ai prezzi elevati al consumatore in conseguenza delle scarsissime produzioni, che ha portato ad una diminuzione dei prezzi al produttore. Il mercato è sempre più condizionato da un prodotto che arriva dall’estero, dall’Asia in particolare, a bassissimo prezzo e adulterato, e dalla concorrenza di altri Paesi che lavorano con costi di produzione decisamente più bassi. Il miele viene venduto al 65% in gdo e il resto direttamente dagli apicoltori perché c’è ancora una grande fiducia nel produttore, ma la difficoltà riguarda entrambi i canali. Noi siamo il Paese più controllato in assoluto e con più varietà al mondo: al consumatore chiediamo di sostenere il settore, scegliendo il prodotto italiano, un prodotto di eccellenza fatto con standard qualitativi rigorosi, e la cui qualità ripaga di un prezzo maggiore”. Tradotto, anche e soprattutto quando si parla di miele, l’acquisto consapevole conta più che mai perché vuol dire anche dare una mano alle api.

Focus - I numeri dell’apicoltora professionale in Italia
L’apicoltura professionale italiana, troppo spesso “pecora nera” dell’agricoltura italiana, e nel dimenticatoio istituzionale, conta 60.000 apicoltori e 1.500.000 alveari censiti, il 50% stanziali, il 50% nomadi, per una produzione di miele e dei prodotti dell’alveare che vale 150 milioni di euro e con l’Italia che detiene il record di oltre 50 varietà. Il 66% degli apicoltori sono produttori in autoconsumo e detengono il 24% degli alveari, i restanti producono a fini commerciali; 1.800 (il 3% del totale) ha 150 o più alveari, ma detengono più o meno il 50% (750.000) del totale degli alveari censiti. Ma non è finita qui: il servizio di impollinazione che le api forniscono alla nostra agricoltura e alle sue colture è pari al 70% di quello che mangiamo, produzioni di punta comprese, tanto che si stima che abbia un valore di 2 miliardi di euro.

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