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ECONOMIA

Nel 2022 il Food-Tech ha attratto investimenti per 51 miliardi di euro. 156 milioni in Italia

La ricerca di B-PlanNow: il Belpaese innova più volentieri i processi produttivi che i prodotti. Il 42% delle startup nelle fasi iniziali
B-PLANNOW, FOOD TECH, START UP, Non Solo Vino
Il Food-Tech

Il Food-Tech tira e attrae investimenti, tanto che, a livello planetario, nel 2022 hanno raggiunto ben 51 miliardi di euro di venture capital (fonte AgFunder), di cui 10 miliardi in Europa (fonte DigitalFoodLab), mentre in Italia, tra privati e venture, sono stati superati i 156 milioni di euro (fonte TheFoodCons). I settori capaci di attrarre i maggiori investimenti sono stati Digital Food (64,99 milioni di euro, pari ad una quota del 41,6%), Agritech (60,79 milioni di euro, 38,9%), Restaurant-Tech (18,35 milioni di euro, 11,8%), Innovative Food (4,2 milioni di euro, 2,7%), e Food retail (5,06 milioni di euro, 3,2%).
Ma qual è davvero lo stato dell’ecosistema Food-tech in Italia? Al quesito ha risposto il sondaggio di B-PlanNow, acceleratore di startup per progetti in fase di avvio, che rileva come il 41% delle startup si trova ancora in una fase “Early” (equamente suddivise tra Early Stage e Early Growth), e solo il 14% è in una fase più matura. Se parliamo di round singoli, nel 2022 l’Italia vanta comunque il primato del più cospicuo series A del settore a livello europeo, ossia i 30 milioni di Planet Farms, ed uno dei round più notevoli di sempre nel campo dell’agricoltura digitale, il Series B di xFarm Technologies.
Nel complesso, l’ecosistema italiano si mostra più propenso ad innovare nei processi (69%) che nei prodotti (31%): giova ricordare che, mentre il nostro comparto agroalimentare mette sul piatto 575 miliardi di euro di valore (il 25% del Pil) e 60 miliardi di export, i nostri vicini europei investono molto più di noi sul fronte dell’innovazione funzionale (2,7 miliardi la Germania nel 2021, Uk 1,1 miliardi e Francia 860 milioni). Nel Food-tech italiano pesa molto la scarsa propensione al rischio degli investitori e la debolezza strutturale del nostro ecosistema di venture capital, con una scarsa presenza sia di fondi dedicati alle startup “early stage” che di fondi “verticali”.
“Analizzando i dati della nostra ricerca, notiamo gli enormi margini di crescita di questo settore. La ricerca dei mercati, la disponibilità di capitali di investimento, la competenza nel settore e la conformità alle normative sono solo alcune delle sfide che le startup food-tech devono affrontare in Italia. Le startup dovrebbero anche affrontare la presenza di grandi marchi internazionali, che hanno già un forte impatto sul mercato alimentare italiano - spiega Nicola Zanetti, ceo e founder di B-PlanNow - le startup food-tech in Italia stanno cambiando radicalmente il mercato alimentare, offrendo una vasta gamma di prodotti e servizi innovativi. Mentre alcuni modelli di business delle startup food-tech hanno già dimostrato di essere estremamente redditizi, altre startup devono affrontare diverse difficoltà nell’entrare nel mercato italiano. La tecnologia alimentare - conclude Zanetti - ha anche influenzato il modo in cui le aziende alimentari italiane producono, distribuiscono e promuovono i loro prodotti, offrendo vantaggi come la tracciabilità, l’automazione e la sostenibilità”.

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