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NELL’EPOCA DELL’OMOLOGAZIONE, DEL SUPERAMENTO DELLE DIFFERENZE CULTURALI E RELIGIOSE, A “CARATTERIZZARCI” RIMANE SOLO IL CIBO. PAROLA DEL PROFESSOR MARINO NIOLA, ANTROPOLOGO DELLA GASTRONOMIA ALL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI SUOR ORSOLA BENINCASA DI NAPOLI

Non Solo Vino
Il Professor Marino Niola

Nell’epoca dell’omologazione, del superamento delle differenze culturali e religiose, a “caratterizzarci” rimane solo il cibo, “qualcosa di diverso e di più di calorie, grassi e zuccheri, come lo raccontano i nutrizionisti, ma elemento distintivo di culture ed epoche storiche”, come racconta a WineNews il professor Marino Niola, autore di “Non tutto fa brodo” ed antropologo della gastronomia all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Il cibo come specchio della nostra storia, “una lente che mostra ciò che siamo, ciò che eravamo e cosa stiamo diventando: non è un caso che tutti i più grandi “tornanti” della storia umana siano legati al cibo, a cominciare da Prometeo, che, rubando il fuoco agli dei e donandolo agli uomini, mette in moto la trasformazione fondamentale, quella tra la natura e la cultura, tra l’uomo che mangia per nutrirsi e l’uomo che, entrando nell’universo della cottura, entra in un universo culturale”. Ecco perché, secondo Niola, ridurre il cibo alla nutrizione è “come dire che l’unico a capire l’amore è il ginecologo”. Una provocazione, per ribadire che l’alimentazione è qualcosa che ha che fare con la sfera più alta dei bisogni umani, come la religione, perché, “se anche i nostri digiuni non sono più offerti a Dio, vi è in molti un ideale estetico ascetico che ha preso il posto della religione, conservando la propria carica penitenziale, e questo lo si vede specie in quelle forme che raggiungono una vera e propria “ortoressia”, ossia una preoccupazione eccessiva per la propria alimentazione, come se qualsiasi cosa ingeriamo possa avvelenarci: penso a certe forme estreme di vegetarianesimo o veganesimo, in cui l’integralismo alimentare assume connotati religiosi che io non condivido, perché si finisce per vivere da malati per morire sani, un paradosso”. Ed il vino? “Segna un solco tra le culture: se in Occidente, con Dioniso, è fermento vitale che sconvolge e mette a dura prova i piani della ragione, come nelle “Baccanti” di Euripide o come la trascrizione moderna delle “Baccanti”, “Teorema” di Pasolini. Nell’Islam, invece, l’unica cosa vietata è proprio perdere il controllo di sé, ed il simbolo di quella civiltà non è il vino, ma il caffè”.

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