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“ORIGINI DELLA VITICOLTURA. DALLA VITE SELVATICA ALLE VARIETÀ COLTIVATE” PER FARE CULTURA E CAPIRE IL FUTURO. ATTILIO SCIENZA (UNIVERSITÀ DI MILANO): “I METODI MODERNI, DNA IN PRIMIS, POSSONO FARCI CAPIRE LE VERE ORIGINI DEI VITIGNI”

Valorizzare lo studio del passato antico della vite selvatica e capirne la “domesticazione”, un storia che nasce più di 6.000 anni prima di Cristo, per capire meglio le origini, i percorsi storici e, forse, le future evoluzioni delle varietà di vite coltivata, da cui nascono i vini di oggi. Ecco il leit motive del convegno internazionale “Origini della viticoltura. Dalla vite selvatica alle varietà di vite coltivate”, di scena oggi nella cantina toscana Podere Forte. “Con gli strumenti moderni - spiega il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano e coordinatore dell’appuntamento - possiamo colmare dei “buchi” di conoscenza. Soprattutto con il Dna: confrontando quello della vite selvatica e delle viti coltivate, possiamo risalire davvero all’origine storica di tanti vitigni che oggi consideriamo autoctoni, e che magari, invece, vengono da molto lontano”. Come dalla Georgia, che, spiega il professor David Maghradze, dell’Istituto di Ricerca di Viticoltura di Tiblisi, “è considerata il primo centro storico di domesticazione della vite, e che racchiude ancora oggi 525 varietà autoctone”. O come in Spagna dove, dice Rosa Arroyo-Garcìa del Centro di Biotecnologia di Madrid, “ci sono ancora 237 esemplari di vite selvatica”. E la vitis silvestirs, che era diffusa in tutte le coste del mediterraneo e nelle aree caucasiche, è stata piana piano addomesticata e poi sostituita “grazie alle popolazioni che sono diventate da nomadi a stanziali - spiega il professor Osvaldo Failla, dell’Università di Milano - che prima “curavano” i luoghi dove si trovava la vite selvatica spontanea da cui ottenevano vino e cibo, poi hanno iniziato a coltivarla, e a selezionare le varietà che poi si sono diffuse quando il vino è diventato un prodotto commerciale, soprattutto grazie ai Romani”. Un percorso complesso, quello che porta alle origini a cui si dedicano studiosi di ogni parte d’Europa, e che al di là delle “applicazioni scientifiche - spiega ancora il professor Scienza - è importante perché oggi più che mai serve fare cultura intorno al vino, perché il consumatore non si accontenta più di vederlo come semplice prodotto”.

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