Per cambiare il mondo in cui le grandi industrie del cibo lavorano, e far crescere la qualità del cibo che producono, è fondamentale la crescita culturale delle singole persone. Che poi sono masse che, con le loro scelte di acquisto e le loro richieste, spingerebbero le grandi multinazionali, che ovviamente guardano in primis al profitto, a cambiare atteggiamento. Ecco, in estrema sintesi, la riflessione di Paolo Barilla, vice presidente del celebre marchio della pasta italiana.
“Il ruolo dell’industria del cibo va riconsiderato. È ovvio che, negli anni Cinquanta, la priorità era di rendere il cibo più buono e accessibile a tutti, problemi come la sostenibilità non erano neanche all’orizzonte in questo settore. É chiaro che oggi le cose sono cambiate - aggiunge - ma perché le grandi industrie lavorino in un certo modo c’è bisogno di una crescita culturale delle persone. C’è bisogno di un livello di istruzione più alto, perché il mondo è diventato più complesso, e anche per capire il cibo, il suo valore, l’impatto della sua produzione, serve la capacita di vederlo in correlazione a tante altre cose. Bisogna conoscere le implicazioni del cibo a tutto tondo, e non solo sulla salute: dobbiamo smettere di pensare al cibo come un servizio”.
“Se noi non riusciamo a capire la portata della responsabilità che il cibo si porta dietro, che è quello che Slow Food ha identificato per tempo, non riusciremo mai - aggiunge Barilla - ad invertire la rotta, ma in realtà per capirlo bisogna studiare, le cose vanno approfondite. Se uno diventa ingegnere deve studiare tantissimo per poter realizzare la struttura di un ponte. Ecco: oggi si deve avere la stessa attitudine sul cibo, perché orientarsi nel mondo del cibo è diventato complicato come realizzare un’opera ingegneristica”.
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