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L’ALLARME

Peste suina africana, Slow Food: “rischiamo di perdere le razze suine autoctone”

Da Cagli (e da “Anteprima Distinti Salumi”), l’appello della Chiocciola alle istituzioni per salvare la biodiversità italiana ed i suoi “custodi”
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Peste suina africana, Slow Food: “rischiamo di perdere le razze suine autoctone”

L’allarme sulla peste suina africana, o Psa (del quale abbiamo parlato più volte su WineNews), resta estremamente attuale: dopo tre anni di diffusione e contagi, sono moltissimi gli allevamenti di suini domestici e gli animali macellati, che si contano ormai in decine e decine di migliaia. La minaccia è così reale che Slow Food Italia, in “Anteprima Distinti Salumi”, nei giorni scorsi a Cagli, nelle Marche (nella quale è stato annunciato il ritorno nel 2025 dello storico evento della città marchigiana), ha voluto lanciare un appello al Commissario Straordinario alla Psa, Giovanni Filippini ed al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, per mettere in luce un aspetto diverso del dramma della Psa, forse meno evidente e chiacchierato, ma non per questo meno inquietante: “il rischio - spiega Slow Food - è quello di perdere le razze suine autoctone, strettamente collegate alle migliori produzioni norcine italiane”. Per Slow Food, serve particolare attenzione a coloro che si fanno custodi di biodiversità, ed è necessario adattare normative e pratiche di gestione della Psa alle realtà più fragili.
L’evento “Anteprima Distinti Salumi” by Slow Food ha acceso un nuovo riflettore importante sul tema, molto sentito dagli allevatori di razze suine locali e dai norcini italiani che, proprio sulla qualità delle carni, basano il loro mestiere, ma ha aperto anche a numerosi spunti di riflessione sul settore della norcineria e dell’allevamento in genere e sulle potenzialità della tutela delle identità locali legate alle tradizioni alimentari e della riqualificazione delle aree montane.
“Il patrimonio gastronomico del nostro Paese è fondato sulla sua grande biodiversità: di vegetali e di razze animali allevate, ma anche di saperi, pratiche e competenze, conservati e tramandati per secoli - spiega Federico Varazi, vicepresidente Slow Food Italia - saperi che nel tempo si sono adattati e contaminati, preservando una norcineria artigianale frutto del lavoro di tanti piccoli allevamenti estensivi e semi estensivi, in zone dove spesso costituiscono le poche attività produttive possibili. Difficile conservare questa ricchezza senza gli ingredienti che ne garantiscono la qualità, ovvero le decine di razze locali - non solo suine - allevate in contesti naturali, dove gli animali crescono secondo il rispetto dei loro bisogni etologici. Questo patrimonio, alla base della fama internazionale dei salumi italiani, è fortemente a rischio a causa della gestione sanitaria indifferenziata della peste suina africana. Per questo, da Cagli, lanciamo un appello per salvare le ultime razze autoctone suine del nostro Paese e per tutelare l’allevamento estensivo, ovvero gli elementi che stanno alla base della fama di cui gode la norcineria italiana in tutto il mondo”.
Sull’argomento è intervenuto anche Jacopo Goracci, direttore Tenuta di Paganico (Grosseto), in Maremma, dove si alleva la pregiata Cinta Senese, e referente tecnico Slow Food per le Filiere Animali, sottolineando che “bisogna evitare l’abbattimento preventivo di animali sani, altrimenti l’erosione genetica può facilmente portare all’estinzione. È invece importante supportare con finanziamenti e misure di biosicurezza adeguate questi allevamenti, ingiustamente definiti fragili, ma che in realtà sono potenzialmente molto più resilienti delle strutture intensive. Tra queste due tipologie di allevamento i fattori di rischio sono differenti e spesso sono inferiori nei rurali: è il caso, per esempio, del contagio accidentale tramite il fattore umano, visto che si evitano lunghi trasporti di animali vivi e carni”. Goracci da anni racconta di fare i conti con la minaccia del virus della peste suina e degli abbattimenti indiscriminati, a tappeto, nelle aziende che si trovano nelle vicinanze di un focolaio: un trattamento ben conosciuto anche da tanti altri allevatori italiani di suini all’aperto.

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