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L’INIZIATIVA

Peste suina, Greenpeace: “per gli esperti è sbagliato contenere il virus con la caccia al cinghiale”

L’Ong lancia la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi”. “Governo pressato dal mondo venatorio e dalle organizzazioni agricole”
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Peste suina, proposta di legge di Greenpeace contro gli allevamenti intensivi

Dopo la conferma del Ministero della Salute sull’esistenza in Italia di focolai di peste suina africana negli allevamenti - e le relative reazioni degli agricoltori nelle dichiarazioni di Coldiretti, Confagricoltura e Cia-Agricoltori Italiani, cui hanno fatto seguito anche le proteste degli animalisti di Essere Animali per via degli abbattimenti predisposti - anche Greenpeace entra in campo con una proposta di legge: “Oltre gli allevamenti intensivi”, presentata insieme ad altre quattro associazioni e della quale viene chiesta la calendarizzazione in Parlamento.
Simona Savini, della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, si muove in prima persona e accusa il Governo: “hanno scelto di contenere il virus puntando sulla caccia al cinghiale nonostante che le indicazioni gli esperti indicassero un’altra direzione. La relazione della Commissione Europea ha evidenziato un quadro allarmante, ma l’esecutivo ha scelto di assecondare le pressioni del mondo venatorio e delle associazioni di categoria come Coldiretti e Confagricoltura, finendo così per non tutelare neanche gli stessi allevatori che oggi sono, di fatto, ancora più a rischio”. Secondo l’organizzazione, infatti, data la vastità dell’area interessata dall’epidemia, sarebbe fondamentale disegnare un perimetro entro cui confinare la popolazione di cinghiali infetta e adottare le misure previste per il monitoraggio e il contenimento del virus. Com’è noto, al contrario, la caccia aumenta la mobilità dei cinghiali. Greenpeace cita dati concreti: dalla diffusione del virus a oggi, la zona interessata si è allargata passando in due anni e mezzo dai 500 kmq iniziali ai circa 18.000 di oggi, elevando così il rischio di contagio e trasmissione da un allevamento all’altro . “La peste suina, come altre zoonosi - sottolinea Savini - dimostra ancora una volta che il sistema degli allevamenti intensivi è fragile e insostenibile, anche dal punto di vista economico: per questo deve essere cambiato alla radice”.
Nel frattempo i focolai stanno aumentando e la Regione Lombardia, una delle zone più colpite, ha stanziato 3,8 milioni di euro per agevolare le imprese suinicole che devono sostenere costi elevati per ostacolare la diffusione della peste suina africana. L’attenzione è alta anche in Veneto, al momento esente dal virus: il 2 agosto si è tenuto un incontro in Regione tra le principali organizzazioni professionali agricole e le associazioni venatorie, per fare il punto della situazione epidemiologica e dei suoi relativi interventi di controllo.
Il virus comunque non è pericoloso per l’uomo e Assosuini è intervenuta per ribadirlo sollecitando direttamente il Ministero dell’Agricoltura a spiegare che la carne di maiale è sicura e che la peste suina non nuoce all’essere umano: “se vogliamo mantenere una sovranità alimentare nei fatti - dice l’associazione - c’è bisogno di un intervento deciso e tempestivo. Confidiamo quindi nella rapida azione del Ministero, perché se questo non dovesse avvenire, l’intera filiera rischia un futuro davvero difficile”.

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