“Sostenere la pratica di una corretta alimentazione è una strada che va perseguita con decisione, puntando soprattutto ad elevare la qualità dei prodotti immessi sul mercato. Più che scoraggiare l’utilizzo del cosiddetto junk food con iniziative di tipo protezionistico, il cui risvolto negativo potrebbe essere quello di alimentare “il gusto del proibito”, occorrerà lavorare per creare le basi di un’offerta alimentare più sana e meno insidiosa per la salute”. Così Paolo Russo, presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, spiega il cambio di rotta in tema di junk food, “frutto” della sintesi dei tre progetti di legge presentati per modificare le norme che regolano la produzione e la vendita delle bevande al gusto ed all’aroma di frutta, sia di quelle con denominazioni di fantasia che quelle con il nome di un frutto. L’obiettivo, adesso, è più chiaro: garantire il consumatore, favorire il consumo di frutta e promuovere i prodotti italiani.
“Il progetto di legge cui ci stiamo dedicando - aggiunge Russo - non solo mira ad aumentare la percentuale minima di frutta nelle bevande e ad abbassare le calorie ma anche a favorire la trasparenza dei consumi e l’utilizzo di materia prima italiana”. Come? Attraverso un iter ben preciso e dalle maglie strette, definito in 6 punti. Prima di tutto l’aumento della percentuale minima di frutta nelle bevande: il 20% nel caso di bevande analcoliche con denominazioni di fantasia. Non più il 12% così come previsto dall’articolo 1 della legge 286/1961 ed almeno del 20% in più dovrà essere anche il contenuto di succo nelle bevande analcoliche commercializzate con il nome di uno o più frutti. Attualmente la quantità è regolata dall’articolo 4 del Dpr 719/1958 che richiede la presenza di un contenuto di succo non inferiore a 12 grammi per 100 cc. Per gli zuccheri, in attuazione della direttiva 2012/12/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 aprile 2012, che modifica la direttiva 2001/112/Ce del Consiglio, concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana, “dal 28 ottobre 2015 i succhi di frutta non possono contenere zuccheri aggiunti”. È poi prevista l’etichettatura d’origine della frutta e del prodotto, l’obbligo, cioè, di indicare in etichetta l’origine o la provenienza del prodotto, vale a dire il luogo dove è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale, il luogo di coltivazione della frutta utilizzata e la percentuale del frutto naturale contenuto. Altra novità, il bollino made in Italy: un logo nazionale che identifichi le bibite analcoliche “a base di frutta”, i “succhi di frutta” e i “nettari”, che utilizzino esclusivamente frutta nazionale e per i quali tutte le fasi di produzione e trasformazioni si siano svolte sul territorio nazionale.
Previste anche campagne annuali di valorizzazione del logo, programmate dai dicasteri delle Politiche Agricole, dello Sviluppo economico e della Salute, che serviranno anche a sensibilizzare i consumatori sui benefici derivanti da un maggiore consumo di frutta. Quindi, per vigilare sulla qualità del prodotto, verranno implementati i controlli a campione, sui prodotti che dichiarino in etichetta l’origine o provenienza nazionale o che utilizzino il logo nazionale, da parte dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari. L’Icqrf realizzerà anche programmi straordinari di lotta, attività possibile anche grazie al 50% delle entrate dovute alla irrogazione delle sanzioni destinato all’Ispettorato. Infine, nella stessa ottica, verrà introdotto anche un inasprimento delle sanzioni: la contraffazione delle indicazioni di origine e provenienza cosi come del logo potrà essere punita anche con la reclusione per 2 anni e con la multa fino a 20mila euro, così come previsto dall’articolo 517-quater del codice penale per la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
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