“Non basta prevenire una malattia: bisogna migliorare la longevità e la qualità della vita, combattere l’invecchiamento. Prevenire il cancro, ad esempio, non è sufficiente se poi si rischia un infarto vent’anni prima. Il concetto è rimanere giovani il più a lungo possibile. Se riporti il fegato, il pancreas e altri organi in uno stato più giovane a livello biologico, è naturale che questo ridurrà il rischio di tante malattie. È un approccio molto diverso da quello di focalizzarsi solo su singole patologie come obesità o fumo. Se riusciamo a mantenere una persona con 60 anni cronologici, ma 45 anni biologici, la prevenzione sarà enorme in termini di rischio di malattie”. Sono, in estrema sintesi, i concetti sottolineati da Valter Longo, professore di Biogerontologia e direttore dell’Istituto sulla Longevità University of Southern California - Davis School of Gerontology di Los Angeles e del programma di ricerca di Longevità e Cancro all’Istituto di Oncologia Molecolare Ifom di Milano, in una lunga intervista a “L’Eurispes.it”, il magazine dell’Istituto di Ricerca, in occasione del Terzo Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario dall’Eurispes, di cui WineNews ripropone alcuni passaggi.
Per il professor Longo, “stare in salute ha a che fare con l’età biologica. La stragrande maggioranza dei ventenni ha un’età biologica di circa 20 anni ed è in perfetta salute. Questa è la definizione: essere nello stato fisiologico e biologico di un ventenne privo di malattie, ma anche di disfunzioni come ipertensione, iperglicemia e infiammazioni sistemiche”. Allo stesso modo, la giusta definizione di invecchiamento è “come un violino o un vino: può portare dei miglioramenti. La senescenza, invece, è sempre associata a un peggioramento”. La School of Gerontology è basata proprio sull’invecchiamento e su come si rimane giovani. “La massima ambizione è arrivare a 110 anni, il più giovane possibile, il più funzionale possibile. Ho incontrato tanti centenari e ultra centenari: sono fondamentali, rappresentano uno dei cinque pilastri su cui si basa il mio lavoro. Sono persone che hanno fatto qualcosa di giusto. Ho sempre visto il loro stile di vita come una lezione preziosa, un’indicazione di come si possa vivere a lungo e bene”.
Per Longo “i pilastri della longevità” sono l’epidemiologia, gli studi clinici, lo studio dei centenari e dei sistemi complessi, e nella sua carriera ha capito che le malattie croniche non trasmissibili possono trovare una risposta importante di tipo nutrizionale, anche terapeutica, e il Governo degli Stati Uniti ha finanziato le sue ricerche sugli effetti della dieta mima-digiuno sulle cellule normali e del cancro. “Ho sempre visto la nutrizione, partendo dal lievito, come un controllo pseudo farmaceutico, dei geni che controllano, a loro volta in maniera molto coordinata, le funzioni cellulari - spiega il professore - queste funzioni cellulari possono includere il controllo del tasso d’invecchiamento e potenzialmente il ringiovanimento. Per noi il cibo non è cibo: è una composizione, un cocktail di farmaci, ognuno dei quali fa accadere qualcosa. Modificando la sua composizione possiamo controllare tutte queste vie di segnalazione sia nel cancro che nelle cellule normali”. Nella dieta mima-digiuno “aggiungiamo o leviamo attivazioni di reazioni, come se fosse un vero digiuno”. Oggi, sottolinea Longo, “siamo a punti diversi per patologie diverse. Lo stadio più avanzato è sicuramente quello di diabete e pre-diabete: siamo arrivati al quinto studio clinico, tra l’altro quasi tutti svolti da università indipendenti, come la University of Heidelberg, la University of Leiden e l’Università di Tor Vergata. Sul pre-diabete e diabete vediamo effetti tra i tre e i 12 cicli consecutivi di dieta mima-digiuno”.
Di cibo come medicina, del resto si parla da sempre, ma, per il professore “questo non è mai successo. Noi abbiamo pensato di mettere il cibo proprio nel pacchetto che diamo al paziente così da permettere all’università, all’ospedale, di testarlo come se fosse un farmaco, standardizzato in maniera precisa. Gli studi per il pre-diabete e il diabete sono chiari: la dieta mima-digiuno induce la regressione del pre-diabete e anche del diabete, senza cambiare lo stile di vita. Heidelberg ha fatto vedere che dopo 6 cicli il 70% dei pazienti aveva già ridotto il numero di farmaci. Il 70% dei pazienti riduce i farmaci con una diminuzione dell’emoglobina glicata molto alta. Non vogliamo che il paziente trascorra il resto della vita col diabete, e non vogliamo neanche dirgli “devi cambiare dieta”, perché se fosse in grado farlo l’avrebbe già fatto. Il sistema funziona, quindi, da 3 a 12 cicli. Lo studio di Leiden ha fatto 12 cicli consecutivi e hanno funzionato nello stesso modo. Leiden fa vedere anche che non c’è nessun cambiamento nello stile di vita, a parte un aumento significativo, ma minore, dell’esercizio fisico. Chi faceva la dieta mima-digiuno in effetti inizia a fare un po’ più di sport verso la fine dei 12 cicli, probabilmente perché stava meglio, aveva un peso inferiore, e quindi si sentiva più in grado di fare esercizio fisico. Sul diabete siamo sicuramente in una fase più avanzata. Adesso stiamo facendo un grosso studio randomizzato in Calabria con 500 pazienti sia con quella che chiamo la “dieta della longevità” sia con la dieta del digiuno. Sarà uno studio un po’ più conclusivo per i pre-diabetici. Stiamo anche pensando ad un altro studio dello stesso livello clinico con la Sapienza, Harvard. Il cancro è molto più complicato del diabete, nel senso che ci sono tantissimi tipi, tantissime terapie. Adesso ci sono una ventina di studi clinici sul cancro. Molti hanno dato risultati molto positivi, e diversi di questi sono stati fatti all’Istituto Nazionale dei Tumori a Milano dal professor de Braud e dal professor Vernieri. Uno di questi studi preliminari, che aveva solo 14 pazienti nel gruppo della mima-digiuno più chemioterapia, e 84 pazienti nel gruppo di controllo, ha mostrato quasi un raddoppio della sopravvivenza media del paziente con tumore alla mammella triplo negativo. Si tratta di risultati iniziali, ma molto interessanti”.
Secondo Longo, sintetizzando, ogni fascia di età deve seguire un certo tipo di nutrizione, e il fatto che, non più solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa - Italia, dunque, compresa - il 60% delle persone è sovrappeso e obeso, vuol dire che “non si fa assolutamente niente per questo. Mancano completamente i professionisti della longevità. Non perché il medico non sia bravo. Ma cambiare, vedere come va dopo un mese, rimodificare, dopo 3 mesi rifarlo, poi fare nuovi test, è un lavoro che non fa nessuno a parte i team delle cliniche della mia fondazione. Noi diciamo che mantenere un organismo sano fino a 110 anni è una disciplina molto diversa”. È la “medicina della longevità”.
“Anche l’esplosione di malattie autoimmuni ha radici in vari fattori: probabilmente in tanti farmaci assunti, mescolati a nuovi ingredienti nel cibo e non solo - sostiene il professore - una volta, chi cresceva in Calabria o in Sicilia, o anche a Milano, aveva una dieta, stagionale e locale, e con tradizioni specifiche. Oggi no, e questo comporta rischi. Come succede per il glutine che può portare a malattie autoimmunitarie in individui geneticamente predisposti. Allo stesso modo, possiamo ipotizzare che ci siano altri cibi in grado di scatenare infiammazioni e autoimmunità. Abbiamo impiegato cinquant’anni per capire che il glutine può causare una malattia autoimmune. Spesso non si tratta di un singolo cibo: possono esserci combinazioni di fattori come l’alcol associato a certi cibi, o un antibiotico assunto insieme a un alimento specifico. Non è semplice individuare le cause a livello epidemiologico. Probabilmente ci sono una serie di combinazioni che non sono solo nutrizionali, potrebbero essere anche legate allo stress”.
Conclude Longo, “lo stile di vita, la nutrizione, ma anche il sonno, lo sport, l’attività fisica dovrebbero essere le priorità numero uno, due, tre, quattro e cinque per l’Europa. Ma non ci si arriva con delle idee lanciate una tantum. Bisogna mettere al centro un esercito di nutrizionisti e creare scuole che formino una nuova figura professionale del “lifestyle”. Sono anni che lavoriamo con l’Ordine dei Biologi senza ancora aver raggiunto una vera soluzione: serve qualcuno con un livello di preparazione e routine simile a quello del medico, ma che lavori per prevenire, non solo per curare. Stiamo lavorando su più ricerche, concentrandoci molto sui processi di riprogrammazione e rigenerazione cellulare. Usiamo la dieta mima-digiuno e il refeeding per riprogrammare le cellule, in modo da riparare e ringiovanire vari sistemi. Questo approccio viene applicato al diabete, alle malattie autoimmuni, all’Alzheimer e al Parkinson. L’obiettivo è ambizioso: se si riesce a riportare una persona al livello di salute e funzionalità di un ventenne, si ha la possibilità di eliminare o prevenire molte patologie. È quasi fantascienza, ma è quello su cui lavoriamo da anni e sta dando risultati promettenti”.
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