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QUANDO CONTANO LE STELLE ... DA NORD A SUD BRULICANO ANTEPRIME DEI PIÙ PRESTIGIOSI VINI. I PARERI DEI GIORNALISTI GENTILI (ESPRESSO), FABRIZIO (SLOW FOOD), LAUCIANI (AIS/BIBENDA) E DEGLI ENOLOGI CARLO FERRINI E VINCENZO MERCURIO (MASTROBERARDINO)

Italia
Scena di degustazione

Italia, terra di Anteprime? Scorrendo il sempre più fitto calendario degli eventi dedicati al vino, sembrerebbe proprio di sì. Sono più di 30 ormai le rassegne pensate per presentare ad addetti ai lavori e semplici appassionati le nuove annate dei più prestigiosi vini italiani. Si è iniziato una quindicina di anni fa, quando i principali Consorzi toscani hanno messo a punto le loro kermesse, Anteprima Chianti Classico, Anteprima Nobile e “Benvenuto Brunello”. Tuttavia il boom c’è stato solo negli ultimi anni: dall’Anteprima Amarone a “Sicilia en Primeur”, dall’Anteprima Taurasi a quella della Costa Toscana, i principali appuntamenti en primeur hanno alle spalle non più di 5 edizioni. Molti altri eventi vi si aggiungono, talvolta accavallandosi, e diventa sempre più difficile per giornalisti, esperti e curiosi partecipare a tutte le manifestazioni.
Analizzando i modelli organizzativi, anche a proposito delle Anteprime si può parlare di uno stile “bordolese” e di uno “borgognone”. Come accade ogni primavera sulle rive della Garonna, vi sono infatti delle rassegne in cui vengono presentati i vini dell’ultima annata, generalmente in affinamento (esempio: Anteprima Costa Toscana), e altre, invece, in cui gli operatori sono chiamati a testare campioni imbottigliati, pronti per andare in commercio, come accade a Les Grands Jours de Bourgogne. Molto spesso, tuttavia, i due modelli convivono e ci si trova ad assaggiare per la stessa tipologia sia vini finiti che campioni prelevati dalle botti (esempio: Anteprima Taurasi).
Quale modello convince di più gli addetti ai lavori? Per Gianni Fabrizio, vice curatore della Guida Vini d’Italia Gambero Rosso-Slowfood e responsabile dei Master dell’associazione di Bra “non vi sono dubbi: per noi giornalisti sono più interessanti le rassegne dove si assaggiano vini ormai pronti per andare in commercio e comunque imbottigliati, come accade a Montalcino o ad Alba Wine. Spesso sono vini suscettibili d’ulteriore evoluzione ma che possono dare un'idea abbastanza precisa delle caratteristiche di un’annata”. E’ d’accordo con lui Carlo Ferrini, uno degli enologi di riferimento nel panorama italiano: “trovo quasi assurdo giudicare un vino di 7-8 mesi, soprattutto quando parliamo di rossi da lungo invecchiamento. Difficile pensare che quel campione sia rappresentativo della massa finale, molto meglio esprimersi su vini che hanno completato il loro percorso”.
Di parere diverso, invece, Ernesto Gentili, curatore della guida Vini d’Italia de L’Espresso “a mio avviso si possono assaggiare campioni dell’ultima annata, a patto che si sappiano preparare bene i campioni. A Bordeaux si assaggiano vini prelevati dalle botti e si riesce perfettamente a farsi un’idea, non solo dell’annata, ma anche del valore dei singoli chateaux. E difficilmente gli assaggi successivi smentiscono certe impressioni”.
Vincenzo Mercurio, enologo della storica cantina campana Mastroberardino, “quando l’anteprima è molto vicina alla commercializzazione indubbiamente risulta più efficace. Tuttavia possono esserci delle eccezioni, soprattutto quando il numero dei campioni consente di estrarre un valore statistico, come accade a Bordeaux”.
Le principali anteprime italiane sono state e sono spesso un’occasione per attribuire dei giudizi sulle annate attraverso il tradizionale sistema delle stelle. A “Benvenuto Brunello” vengono proposti in degustazione le bottiglie che hanno completato l’invecchiamento previsto dal disciplinare (Brunello 2001 e 2000 riserva in questa edizione) e contemporaneamente viene annunciata alla stampa la valutazione dell’ultima vendemmia (la 2005), attribuita da una commissione interna di enologi. Schema simile a Montepulciano con una significativa differenza, per quanto riguarda la composizione della commissione: non solo tecnici ma anche giornalisti (per questa ultima edizione Daniele Cernilli, condirettore del Gambero Rosso), sommelier, ristoratori e un rappresentante dei consumatori. Si è affidato ad una commissione interamente composta da giornalisti il Consorzio Vini d’Irpinia per la valutazione dell’annata 2002 ad Anteprima Taurasi.
Non vengono attribuite stelle alle nuove annate di Barolo e Barbaresco ad “Alba Wine” né in occasione dell’Anteprima dell’Amarone; a partire dalla presentazione della vendemmia 2004, anche il Consorzio del Chianti Classico ha eliminato il giudizio “numerico” per privilegiare un’analisi descrittiva ed analitica estremamente dettagliata dell’annata. Una scelta, questa, che viene accolta favorevolmente anche dagli operatori della comunicazione. Per Ernesto Gentili “la classificazione in stelle è un sistema che convince sempre meno. Sarebbe meglio che i Consorzi elaborassero dei parametri descrittivi in grado di fotografare le caratteristiche dell'annata, ad esempio maturità, concentrazione, potenziale di longevità, equilibrio”.
Pressoché identico il pensiero di Gianni Fabrizio: “definire un’annata con un numero è sempre un rischio, nel bene e nel male, soprattutto quando diventa l’unico elemento di orientamento per buyers ed appassionati. Preferirei un aggettivo o una descrizione da lasciare agli archivi”. D’accordo anche Paolo Lauciani, uno dei collaboratori principali della Guida 2000 Vini Ais/Bibenda e volto televisivo di Tg5 Gusto: “le anteprime devono essere soprattutto una presentazione più che un esame con promossi e bocciati. Ed è fondamentale che in queste occasioni ci siano delle relazioni tecniche che diano elementi per ragionare in prospettiva. Le stelle che contano le regala il tempo e il pubblico”.
“Abbiamo introdotto la valutazione in stelle - sottolinea Stefano Campatelli, direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino - per mettere ordine nella grande confusione di un tempo. Se c’è una cattiva annata a Bordeaux non è detto che sia lo stesso a Montalcino e viceversa. I territori hanno le loro specificità, la valutazione, con tutti i suoi limiti, è uno strumento efficace per esprimere in sintesi un concetto. Un concetto che va comunque corredato, come regolarmente facciamo, con tutta una serie di informazioni”. Se le stelle continuano ad avere una forte valenza di semplificazione comunicativa, a chi spetta il compito di assegnarle? Su questo punto i pareri sono abbastanza diversi. Per Ernesto Gentili “è importante che chi giudica conosca molto bene la tipologia e allo stesso tempo sia abituato ad assaggiare in prospettiva. Un sistema perfetto non esiste”. “L’onore e l’onere di attribuire stelle o simili è una prerogativa degli enologi della zona - suggerisce Gianni Fabrizio - certo, c’è il rischio che si gonfino le valutazioni ma solo loro possono avere realmente il polso di quel che è successo prima, durante e dopo la vendemmia”. Per Carlo Ferrini “sarebbe interessante provare con delle commissioni miste, composte da enologi locali, giornalisti e produttori di altre zone”.
Stesso suggerimento da Vincenzo Mercurio: “dove ci sono professionisti con esperienze culturali e formative diverse si possono ricavare indicazioni più complete. I tecnici sono fondamentali per ricostruire gli elementi ricorrenti di un’annata, a partire dagli aspetti climatici, i giornalisti, i sommelier e i ristoratori possono aiutare a fotografare quel che della vendemmia arriva nel bicchiere”. A ciascuno il suo, insomma, ma con un avvertimento: “Attenzione - ammonisce Paolo Lauciani - sappiamo tutti quanto sia importante la comunicazione oggi nel mondo del vino ed è comprensibile che ogni territorio voglia la sua vetrina en primeur. Ma occhio a non svilire il concetto: cerchiamo di non perdere la curiosità che si nasconde dietro qualcosa che vale la pena sbirciare in anticipo”.
Paolo De Cristofaro

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