Un illecito ogni 18 minuti, ovvero 79 al giorno, 3 all’ora, che spalmati per trent’anni fanno un totale di 902.356 reati ambientali. Un ritmo impressionante, frutto di attacchi costanti e incessanti all’ambiente da parte delle ecomafie, fotografato da Legambiente a tre decenni dalla prima presentazione del Rapporto Ecomafia avvenuta proprio nel dicembre 1994. L’associazione ambientalista ha analizzato i dati per fare il punto della situazione, ieri a Roma, alla conferenza nazionale “Ambiente e legalità: insieme per il futuro”, promossa insieme ai Carabinieri, e nella quale è stato avanzato anche un pacchetto di sei proposte.
Buone pratiche e spunti di riflessione per cercare di trovare una soluzione a un sistema che fa contare, nell’arco del trentennio, 727.771 persone denunciate e 224.485 sequestri. Come prevedibile emerge anche che il 45,7% del totale nazionale dei reati accertato dalle Forze dell’Ordine in questi anni si concentra nelle Regioni in cui è radicata la presenza della criminalità organizzata. Maglia nera per la Campania che domina il primo posto con 117.919 illeciti, seguita dalla Calabria con 84.472, Sicilia con 82.290 e Puglia con 73.773. Al quinto posto il Lazio, prima Regione del Centro Italia, con 66.650 ecoreati. La Lombardia, ottava in classifica, è la prima Regione del Nord Italia a quota 37.794.
In questi tre decenni di ricerca e analisi, sono stati censiti 378 clan, appartenenti a tutte le organizzazioni mafiose, con interessi diretti nelle diverse “filiere” dell’ecomafia. Il fatturato illegale accumulato, secondo le stime Legambiente, è stato di 259,8 miliardi di euro.
Il primato della Campania è doppiamente triste, in quanto la Regione è in testa nella lista del ciclo illegale del cemento e anche in quello dei rifiuti. Nel primo conta 30.177 illeciti, seguita da Calabria (22.849) e Puglia (18.788). Al quarto posto figura il Lazio (18.115), poi Sicilia (17.346 reati) e Toscana, sesta con 14.044 illeciti penali. Prima Regione del Nord è di nuovo la Lombardia (10.831), seguita dalla Liguria (8.409). Nel secondo i reati ascritti alla Campania sono invece 22.400, seguono Puglia (14.516), Calabria (10.810) e Lazio (9.989). La Sicilia è al quinto posto (9.972) e precede nell’ordine Toscana (8.263 reati) e Lombardia, che si conferma di nuovo prima Regione del Nord, con 7.586 illeciti penali nel ciclo dei rifiuti. Da segnalare in questa classifica l’ottavo posto del Piemonte, con 7.044 reati, che figura invece in posizione n. 12 nella classifica per l’illegalità ambientale complessiva. I reati nel ciclo illegale del cemento ammontano a 215.831, mentre quelli del ciclo dei rifiuti sono 146.480. Per quanto riguarda in particolare il traffico illegale di rifiuti sono 608 le inchieste registrate dal febbraio 2002 (ovvero dalla prima applicazione dell’articolo in materia del decreto Ronchi, ndr), e hanno portato a 3.424 arresti, 10.772 denunce, 1.691 aziende coinvolte e 51 Stati esteri interessati, soprattutto europei e africani. In 309 inchieste (pari al 50,8% del totale) è stato possibile ricostruire il totale dei rifiuti sequestrati, ovvero 60,6 milioni di tonnellate: per il 40,49% si tratta di fanghi di depurazione e per il 39,64% di rifiuti industriali misti. Immaginando questi rifiuti trasportati su un tir medio, capiente 25 tonnellate e lungo 13,6 metri, per essere trasportate queste 60 milioni di tonnellate avrebbero bisogno dell’impiego di 2,4 milioni di tir, per una coda lunga 32.953 chilometri.
“Senza legalità non c’è tutela ambientale - ha detto Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente - i dati presentati ci ricordano che non bisogna abbassare la guardia e che al centro delle scelte politiche va messa la salvaguardia dell’ambiente come ci ricorda l’articolo 9 della Costituzione. Per questo chiediamo che vengano approvate quelle norme che ancora mancano all’appello in fatto di prevenzione e controllo, come i reati contro gli animali, le agromafie e agropirateria, chiedendo al tempo stesso allo Stato un impegno più forte nella lotta all’abusivismo edilizio”.
“Dal 1994 ad oggi - ha commentato Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità - è cresciuta la consapevolezza della minaccia delle ecomafie. Oggi chi indaga ha efficaci e importanti strumenti, primo tra tutti la Legge sugli ecoreati approvata a maggio 2015, ma c’è ancora molto da fare anche a livello europeo. Per questo è fondamentale che l’Italia recepisca quanto prima la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente. Al tempo stesso siamo convinti che la scuola sia un luogo fondamentale dove educare alla legalità e alla tutela ambientale, per questo abbiamo promosso insieme all’Arma dei Carabinieri un concorso per le scuole”. Nell’occasione, infatti, sono anche state premiate le scuole secondarie di primo e secondo grado vincitrici del contest nazionale dedicato all’educazione alla legalità e alla tutela dell’ambiente.
Focus - Legambiente: sei proposte per combattere le ecomafie
1) Recepire quanto prima in Italia la direttiva europea per la tutela penale dell’ambiente, approvata dal Parlamento Europeo il 27 febbraio 2024, con l’introduzione di nuovi delitti nel Codice penale e la definizione di una strategia nazionale contro gli ecocrimini;
2) introdurre nel Codice penale i delitti contro le agromafie, a tutela del patrimonio agroalimentare del nostro Paese, del vero “made in Italy” e della salute delle persone, anche per fronteggiare il commercio, crescente, dei pesticidi illegali;
3) approvare il disegno di legge che introduce nel codice penale i delitti contro gli animali (fino a 6 anni di reclusione e 150.000 euro di multa) e contro i traffici di specie protette, come prevede la direttiva comunitaria del 2024 sulla tutela penale dell’ambiente;
4) inasprire le sanzioni per la gestione illecita dei rifiuti;
5) estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo dall’articolo 423-bis del Codice penale a qualunque incendio di vegetazione (non solo i boschi e i pascoli) all’interno delle aree di maggiore importanza per la biodiversità e aggravare la fattispecie colposa, per consentire l’arresto in flagranza, oggi non obbligatorio;
6) ripristinare la corretta attuazione da parte delle Prefetture di quanto previsto dall’articolo 10bis della legge 120/2020, che ne stabilisce il potere sostitutivo in tutti i casi, anche antecedenti all’approvazione della norma, di mancata esecuzione da parte dei Comuni delle ordinanze di demolizione di immobili abusivi.
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