Forse noi non sappiamo ancora quale sarà il nostro nuovo vino preferito, ma l’intelligenza artificiale sì: potrebbe essere proprio l’AI, in futuro, ad indicarci le bottiglie del cuore, perfetto match tra i nostri gusti e il nostro budget. A sviluppare l’app, che si sostituirà a sommelier ed esperti, ci hanno pensato gli scienziati della Denmark Technical University, dell’Università di Copenhagen e del California Institute of Technology.
Secondo i ricercatori del Pioneer Center for AI dell’Università di Copenaghen l’intelligenza artificiale non solo può prevedere con precisione le preferenze individuali sul vino, ma le macchine che nutrono le esperienze sensoriali umane continueranno a crescere. L’applicazione su cui hanno lavorato si basa su una “mappa del gusto” digitale che punta a guidare i consumatori verso le bottiglie che preferirebbero naturalmente, democratizzando così il processo di selezione del vino. Innanzitutto è stata fatta una degustazione con oltre 250 partecipanti, a cui è stato chiesto di classificare i vini in base alla loro somiglianza nel sapore. Gli scienziati hanno utilizzato i dati per separare i vini in gruppi di gusti simili. Questi dati sono stati poi inseriti in un algoritmo per creare una mappa completa dei profili aromatici dei vini rossi, bianchi e rosati, che si allinea con l’intricata percezione umana del sapore. Poi l’hanno incrociata con un ampio set di dati sul vino basati sulla relazione tra percezione visiva, linguaggio e sapore: 897.000 immagini di etichette, 824.000 recensioni dalla piattaforma Vivino e 350.000 annate, con anno, regione, valutazione, gradazione, prezzo e uvaggio.
Utilizzando i dati di Vivino e la “mappa del gusto”, il sistema identifica le bottiglie vicine sulla mappa, con un gusto simile, prima di suggerirle come possibili opzioni. “Possiamo vedere che quando l’algoritmo combina i dati delle etichette e delle recensioni dei vini con i dati delle degustazioni di vino, fa previsioni più accurate sulle preferenze enologiche delle persone rispetto a quando utilizza solo i tipi tradizionali di dati sotto forma di immagini e testo - spiega il professor Serge Belongie, che dirige il Pioneer Center for AI all’Università di Copenaghen - quindi, insegnare alle macchine ad utilizzare le esperienze sensoriali umane si traduce in algoritmi migliori a vantaggio dell’utente”.
Dopo aver costruito la “mappa del gusto”, i ricercatori stanno ora indagando ulteriormente per vedere se lo strumento può essere applicato ad altri prodotti, come la birra o il caffè. I ricercatori affermano questa applicazione rappresenta “un progresso significativo nell’intersezione tra tecnologia e gastronomia e potrebbe potenzialmente alterare il panorama delle scelte dei consumatori in vari settori”.
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