Tra i filari della Nuova Zelanda, il vigneto più green del mondo, aiutato in questo da un clima a dir poco fortunato, pascolano migliaia di pecore, che, nel Paese del Pacifico, sono di gran lunga la popolazione più numerosa: 30 milioni, contro gli appena 4 milioni di umani. In Italia, invece, non è così comune, se non in qualche azienda a conduzione biologica e biodinamica, incontrare pecore usate come tosaerba ecologici, perlopiù dove le condizioni meteo e climatiche consentono l’inerbimento. Non sono gli unici animali presenti in vigna, dove può succedere di incontrare oche e polli usati per mangiare i parassiti, cavalli e muli al posto dei trattori, o rapaci - come falchi, civette e gufi - per tenere lontani gli stormi.
Quello che, invece, non si era mai visto, sono i maiali. Non una razza qualunque, ma il Kunekune, originario della Nuova Zelanda (anche lui) e dalla fisionomia perfetta per il duro lavoro in vigna: piccolo, testa perennemente bassa, si presta a più lavori. A sperimentarne l’uso tra i filari è stata, un paio di mesi fa, un’azienda di Bordeaux, Fabrice Privat, grazie alla consulenza di Olivier Zébic.
Che ha spiegato a “Vitisphere” i punti di forza del Kunekune: “a seconda del sistema di potatura, l’uso dei maiali può garantire la lavorazione del manto erboso tra i filari anche quando la chioma è in crescita, a differenza delle pecore”. Mangiano di tutto, e possono seguire anche una dieta esclusivamente a base di vegetali, ma non sono destinati a “lavorare” tutta la vita. Dopo un paio di stagioni, infatti, rischiano di diventare troppo grandi, e di rivelarsi un pericolo per i grappoli d’uva. A quel punto, la fermata successiva è al banco macelleria ...
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