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TACHIS, IL “GARIBALDI” DEL VINO ITALIANO: IL MONDO DEL VINO, CON “BIBENDA DAY” (SOMMELIER), HA RESO OMAGGIO A UNO DEI PIÙ GRANDI ENOLOGI DI TUTTI I TEMPI. WINENEWS: “FONDATORE DELL’ENOLOGIA ITALIANA E UOMO CHE HA CAMBIATO IL CORSO DEL VINO ITALIANO”

Tanto affetto, ma soprattutto un plebiscito alla grandezza di quello che è considerato, a buon diritto, uno dei fondatori dell’enologia italiana. È Giacomo Tachis, padre di Sassicaia, Solaia, San Leonardo, Tignanello, Turriga, Solengo, Pelago, Mille e una notte, d’Alceo, Terre Brune e tanti altri vini che hanno fatto bella l’Italia nel mondo, al centro del “Bibenda Day” dei Sommelier del duo Maietta-Ricci.
In tanti hanno reso omaggio al grande enologo: il famoso volto tv (ma anche ottimo enoappassionato) Bruno Vespa, lo ha definito “il Garibaldi” del Risorgimento del vino italiano; Piero Antinori, con cui ha lavorato per 32 anni, ha sottolineato come “la storia del vino italiana sarebbe davvero diversa senza Tachis”. Angelo Gaja lo ha definito “vero maestro, una parola di cui spesso si abusa, ma non in questo caso. Ha fatto la scuola enologica di Alba, ma era sprecato, era uno da liceo classico. Armonizzatore di vini, li mette insieme in maniera straordinaria. Sapeva fare grandi vini, e insieme alla visione di Antinori, ha fatto del Tignanello e dei Supertuscan dei vini simbolo senza sfruttare l’allure di nessuna denominazione, perché nacquero con la qualifica di “vini da tavola”. Uno degli artefici della “primavera” del vino italiano, un palato eccezionale. Consulente in tante cantine, protagonista della rinascita enologica della Sicilia e della Sardegna. Un uomo dotato di una grande visione, ma anche un grande anticipatore”.
Il giornalista Daniele Cernilli, uno dei palati più autorevoli della critica enologica italiana, ricorda come, agli inizi della sua carriera, lo vedesse come una “divinità” mentre lui stesso si definiva un “mescola vino, ma è stato il primo in Italia, a fare enologia moderna”. Luca Gardini, miglior sommelier del mondo e campione in carica, ha ricordato le emozioni scatenate dai vini di Tachis. Aldo Brachetti Peretti, produttore nelle Marche con la cantina “Il Pollenza”, ha ricordato come Tachis gli abbia fatto capire, “da petroliere che “giocava col vino”, che, invece, quello fosse un approccio alla produzione sbagliato sia da un punto di vista morale che economico. Ho cercato con tutti i mezzi di avere Tachis per essere instradato verso le scelte più giuste per le Marche, anche grazie a Massimo Bernetti (Umani Ronchi, ndr)”.
Il giornalista Carlo Cambi ne ha sottolineato la doppia anima di grande tecnico e uomo di cultura, qualità che si riflettono nei suoi vini: “hanno dentro un anima, un pensiero, un condensato di cultura e sensibilità”. Un amore per la cultura, quello di Tachis, valorizzato anche dalle parole del professor Amedeo Alpi del Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie dell’Università di Pisa, che ne ha svelato “la passione per la cultura greca e romana”. “La Sardegna deve tutto a Tachis - ha aggiunto Antonello Pilloni, presidente di Cantina Santadì, e grande amico di Tachis - che da “cenerentola” è entrata nel novero delle grandi Regioni del vino”. Un merito confermato da un’altra voce autorevole dell’enologia sarda, quella di Argiolas, per cui uno dei grandi meriti di Giacomo Tachis è stato “l’avere e il saper trasmettere la capacità di scegliere strade nuove”.
“Nella mia vita ho avuto - ha quindi spiegato l’enologo Graziana Grassini, il “nuovo volto” del Sassicaia - una grande fortuna: conoscere Tachis, godere della sua stima, della sua amicizia sempre vera, sincera, genuina, profondamente sincera. Lo ringrazio per avermi dato la possibilità di stargli vicino a respirare quella grande preparazione ed esperienza e cultura che lo distingue, permettendomi oggi di seguire uno dei più grandi vini del mondo, il Sassicaia”.
Il mondo del vino italiano ha, insomma, espresso tutta la sua gratitudine ad un uomo che, senza avidità e brama di gloria, ha dedicato gran parte della sua vita alla passione per il nettare di Bacco.

Il pensiero di WineNews - Giacomo Tachis, uno dei “maestri” del vino italiano
Tra gli artefici del “rinascimento” enologico tricolore con alcune delle etichette più importanti d’Italia, le sue scelte, a distanza di anni, restano fra i contributi più preziosi al successo dei nostri vini, metodologie ormai “codificate” come selezione clonale, impianti ad alta densità, abbassamento delle rese, fermentazione malolattica, invecchiamento in rovere piccolo, capaci di far dialogare la tradizione italiana con quella francese, come Tachis dialogava con il suo mentore Emile Peynaud. Ma Tachis, approdato nel 1961 nella cantina di Antinori (dove è rimasto per 32 anni, dando vita a vini come Solaia e Tignanello) è stato anche antesignano del “winemaker all’italiana”. Tra i suoi “grandi” committenti, solo, per citarne alcuni, Tenuta San Guido, Tenuta San Leonardo, Argiolas, Umani Ronchi ... Enologo prima di tutto, dunque, ma anche consulente strategico, capace di sprovincializzare il comparto e intraprendere operazioni quali la riqualificazione del vino siciliano, a partire dal Nero d’Avola, e di quello sardo, con il Carignano. E’ uno dei “padri fondatori” dell’enologia italiana, tra gli uomini che hanno cambiato il corso del vino italiano, sprovincializzandolo e consegnandolo al successo mondiale.
Alessandro Regoli

Il commento - La sensibilità di una scelta: l’omaggio di Franco Ricci a Giacomo Tachis
In tanti hanno, giustamente, ringraziato Giacomo Tachis per l’immenso lavoro fatto nel e per il vino italiano. Ma credo che sia giusto ringraziare e fare un applauso anche a Franco Ricci, a tutto lo staff di Bibenda e ai Sommelier Ais per la sensibilità dimostrata nel dedicare il “Bibenda Day” ad uno dei più grandi enologi italiani di sempre che, nonostante la sua riconosciuta bravura non ha mai cercato la gloria e la ricchezza come obiettivi primari. Al punto di definirsi un semplice “mescolavino” negli anni in cui la figura dell’enologo si ammantava di qualcosa di quasi mistico. Si potevano trovare mille temi, mille celebrazioni da fare, mille elogi di questo o quell’esempio di eccellenza, magari di qualcuno ancora in attività per coglierne le grazie. E, invece, Ricci ha scelto, un po’ per amicizia, ma soprattutto per il valore di una storia inconfutabile, di dedicare la festa dei Sommelier ad un grande del passato più o meno recente del vino, a cui tanti devono parte del loro successo di ieri, di oggi e, probabilmente anche di domani. Bravo, bis!
Alessandro Regoli

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