Si conferma sostanzialmente stabile la compravendita di terreni agricoli nel 2023 con l’aumento del prezzo medio che, sul 2022, è stato di poco inferiore all’1% per un valore che si attesta intorno a 22.800 euro all’ettaro. Secondo il Crea Politiche e Bioeconomia - che in collaborazione con il Conaf, il Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali - ha rilasciato alcune anticipazioni dell’“Indagine sul mercato fondiario” (che verrà pubblicata integralmente nei prossimi giorni, con focus sulla compravendita dei vigneti, ndr) gli investitori sono stati scoraggiati dall’incertezza della situazione internazionale e l’estrema variabilità climatica. E se questo mercato risulta economicamente stagnante, parallelamente, però, cresce la domanda per i terreni vocati a produzioni di qualità: situazione, invece, che appare opposta per quanto riguarda i suoli marginali, specialmente quelli delle aree interne del Paese, dove spesso l’offerta non trova rispondenza alla domanda. Secondo i ricercatori che hanno realizzato il rapporto inoltre, “le opportunità offerte dal Piano Strategico della Politica Agricola Comune 2023-2027 non hanno ancora avuto un effetto evidente”.
Ma in quali zone d’Italia il mercato è più costoso? I valori medi nel 2023 hanno continuato a presentare differenze significative: il picco è al Nord-Est dove un ettaro può costare anche 47.000 euro, seguito dal Nord-Ovest con circa 37.000 euro (+3% sul 2022 ), e valori decisamente inferiori al Centro e al Sud, mediamente al di sotto dei 16.000 euro. Più numerosi sono gli scambi nelle aree agricole con maggiore reddittività delle colture, in particolare nelle zone viticole e frutticole del Nord, diversamente dalle aree interne e montane, dove l’offerta di terreni non trova riscontro rispetto alla domanda.
E per chi non può, o non vuole, comprare terreni si può sempre ricorrere alla formula dell’affitto. Anche qua i canoni si confermano stabili, seppur con qualche eccezione legata all’aumento della domanda di superficie agricola e anche da parte di giovani agricoltori al primo insediamento: non ultimo il tema della siccità per compensare le minori produzioni. Anche in questo caso, comunque, la domanda ha prevalso sull’offerta principalmente nelle regioni settentrionali, con un aumento dei contratti e delle superfici, soprattutto nelle aree agricole destinate a colture di pregio. Secondo i dati del “Censimento generale dell’agricoltura” n. 7 dell’Istat, nel 2020 la superficie in affitto, comprensiva degli usi gratuiti, ammonta a circa 6,2 milioni di ettari (+27% nell’ultimo decennio, il doppio negli ultimi trent’anni) con un progressivo aumento delle dimensioni medie aziendali (oltre 11 ettari).
Guardando al futuro - scrive il Crea - permangono incertezze legate ai fattori geopolitici, all’andamento dell’inflazione e dei costi energetici, oltre ai cambiamenti climatici in corso. Nonostante gli operatori prevedano una tendenziale crescita del mercato - o per necessità di ampliamento aziendale o per la nascita di nuove aziende (grazie anche ai finanziamenti previsti per i giovani imprenditori) - l’aumento dei costi di produzione, la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli e i fenomeni climatici estremi, favoriscono, un atteggiamento prudenziale da parte dei potenziali investitori.
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