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VINO E CONGIUNTURA

Tra stime di vendemmia e mercati in difficoltà: lo scenario Unione Italiana Vini (Uiv) & Vinitaly

Il presidente Uiv Frescobaldi: “manca il mercato, non il vino. E, tra inflazione e necessità di mantenere quote, rischiamo di erodere il valore”

La vendemmia 2023 sta pian piano prendendo corpo, tra le tante incertezze legate al clima e ad un mercato che non vola, tanto in Italia come all’export compreso, che non vola, e con tanto vino in cantina, quasi una vendemmia intera, come WineNews ha raccontato in questi giorni. E come ribadisce ora l’Osservatorio Uiv & Vinitaly, che ha elaborato i dati di “Cantina Italia” del Ministero dell’Agricoltura sulle giacenze e i numeri sulle vendite nei Paesi terzi, relative al primo semestre 2023, secondo le ultime rilevazioni delle dogane.
Secondo l’analisi Uiv & Vinitaly, la vendemmia 2023 si apre con una giacenza di vino in cantina pari a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di potenziali bottiglie da 0,75/litri. Il dato riflette un’eccedenza dello 4,5% sul pari periodo 2022 a causa in particolare di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le Dop a +9,9% sull’ultima rilevazione pre-vendemmiale 2022.
“L’altro indicatore di mercato - aggiunge l’Osservatorio - è anch’esso complicato, con la domanda extra-europea segnalata nel primo semestre in ulteriore contrazione. Tra i top 10 buyer, che assieme rappresentano l’85% del mercato extra comunitario, le esportazioni a volume sono positive solo per la destinazione russa, con cali quantitativi in doppia cifra per Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud. Complessivamente la riduzione tendenziale nella prima metà 2023 segna un -9% a volume e un -5% a valore, con gli spumanti giù del 13% e i fermi imbottigliati inchiodati a -5%. Per entrambe le tipologie, il trend a valore indica un gap del 4%, ma mentre per gli sparkling l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%)”.

Lamberto Frescobaldi, presidente Unione italiana vini (Uiv), spiega che “sulla prossima vendemmia, la cui paventata forte contrazione è ancora tutta da verificare, pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità. Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi, come, per esempio, con i rossi sfusi in Germania, che stanno scendendo verso le quotazioni spagnole a 50 centesimi/litro, rischia di diventare un pericoloso boomerang una volta fuori dalla crisi di potere di acquisto che coinvolge anche i nostri competitor. A questo proposito - dice Frescobaldi - il fenomeno crescente dei prodotti a private label e gli imbottigliamenti del nostro vino fuori dall’Italia contribuiscono all’erosione del valore aggiunto”.
Il problema più importante, dunque, non è se si produrrà più o meno vino, ma il mercato. “Quello della maggiore produzione di vino è un primato che lasciamo volentieri alla Francia. Il nostro vero timore in questo momento - ha dichiarato ancora Frescobaldi - è che il calo produttivo italiano risulti alla fine minore di quanto stimato. Sarebbe preoccupante perché il raccolto 2023 è cominciato col più alto livello di giacenze di sempre. È come se avessimo in cantina una vendemmia in più. Insomma, non è il vino che manca, ma il mercato. L’inflazione generale ha di certo penalizzato le vendite - aggiunge Frescobaldi - perché la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie non ha favorito un prodotto che resta radicato nella cultura e nelle tradizioni degli italiani, ma che oggi non è più un alimento essenziale come era in passato per i nostri nonni. In più l’aspetto paradossale è che il vino è ricorso molto meno di altri prodotti a ritocchi dei listini”.
Resta più che mai fondamentale, dunque, investire anche sulla promozione, per invertire il trend, anche grazie ai fondi Ocm che arrivano dall’Europa, che, in questi anni, sono stati fondamentali per spingere la crescita del vino italiano nel mondo, e che ciclicamente, tra spinte salutiste e schermaglie tra Paesi Ue, soprattutto per una differenza di visioni e necessità tra Nord Europa e area mediterranea, semplificando al massimo, vengono messi in discussione. “Si tratta di misure fondamentali per il vino non solo italiano ma europeo e che vanno rilanciate. Non va dimenticato che le vendite all’estero di vino rappresentano una rilevante fetta del Pil tanto dell’Italia quanto della Francia”, ha detto ancora Frescobaldi.
E tra i top player della promozione del vino italiano nel mondo c’è, ovviamente, Veronafiere, con Vinitaly: “l’Osservatorio aveva previsto un 2023 difficile, ciò si sta verificando nonostante l’economia globale abbia per ora tenuto lontano buona parte delle nubi recessive. Ciò che può fare Vinitaly - ha commentato - l’ad Veronafiere, Maurizio Danese - è intensificare la costruzione di ponti commerciali con l’estero, in particolare nelle relazioni con i mercati extra-Ue, a partire da quello americano, dove saremo partner della Camera di Commercio di Chicago per l’International Wine Expo: da settembre a dicembre abbiamo in programma una nuova campagna di internazionalizzazione con 25 appuntamenti in 15 Paesi e 4 Continenti; da una parte, per rifinire ulteriormente l’incoming per la prossima edizione di Verona, e, dall’altra, per garantire business to business direttamente sulle piazze estere”.
Intanto, la raccolta va avanti ed il mercato si prepara agli ordini per la fine dell'anno, da sempre momento importantissimo per i bilancio delle cantine. Ed il 12 settembre Assoenologi, Ismea e Uiv (Unione ITaliana Vini) rilasceranno le previsioni vendemmiali a Roma al Ministero dell’Agricoltura.

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