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NOCCIOLE E NON SOLO

Ue, con il 2025 arriva anche l’obbligo di indicazione d’origine per la frutta secca

Dal 1 gennaio è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo. Nel 2023 in Italia acquistati 115 milioni di kg, per una spesa di 1,1 miliardi di euro
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Dal 1 gennaio è obbligatoria l’indicazione d’origine anche per la frutta secca

Con l’arrivo del nuovo anno, il 1 gennaio 2025, è scattato anche l’obbligo dell’indicazione d’origine della frutta secca sgusciata o essiccata: dalle nocciole alle mandorle, passando per fichi secchi e pistacchi. Ad annunciarlo è Coldiretti dopo l’entrata in vigore del regolamento dell’Unione Europea che impone l’indicazione della provenienza, e che va a completare la norma già esistente per la frutta in guscio. Una misura che va a migliorare la trasparenza, sia riguardo il prodotto stesso che l’intero settore, in un comparto che negli ultimi anni ha registrato una forte crescita dei consumi. Solo in Italia, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea-Nielsen, nel 2023 le famiglie hanno acquistato 115 milioni di kg di frutta secca, per una spesa di 1,1 miliardi di euro. E se si considera anche il prodotto usato dall’industria dolciaria - che per le festività ha vissuto uno dei maggiori exploit dell’anno visto che in questo periodo tradizionalmente è maggiore la presenza di frutta secca sulle tavole, anche se negli ultimi anni il consumo è cresciuto in generale, spinto dalle nuove tendenze salutiste - la quantità arriva a sfiorare i 640 milioni di kg.
La nuova normativa prevede l’obbligo di etichettatura dell’origine per la frutta secca, sgusciata o essiccata, e per i prodotti di IV gamma, compresi i funghi non coltivati, lo zafferano e i capperi. Le informazioni relative all’origine devono essere chiaramente visibili sull’imballaggio e/o sull’etichetta e l’indicazione del Paese d’origine deve risaltare maggiormente rispetto a quella riguardante lo Stato in cui è avvenuto l’imballaggio.
Tuttavia, rileva Coldiretti, resta anonima l’indicazione di provenienza per la frutta secca che viene usata nella preparazione di dolci, nonostante negli ultimi anni sia cresciuto il numero di produttori che appongono volontariamente informazioni circa l’origine. La preoccupazione, in questi casi, è che le importazioni del prodotto dall’estero non rispettino le stesse regole in materia di usi di pesticidi vigenti in Ue: anzi, spesso le nocciole turche o i pistacchi iraniani, per esempio, presentano alti livelli residui di sostanze pericolose.
L’etichettatura obbligatoria dei cibi è una battaglia storica della Coldiretti ed è stata introdotta per la prima volta in tutti i Paesi dell’Unione Europea nel 2002 dopo l’emergenza mucca pazza nella carne bovina per garantire trasparenza grazie alla rintracciabilità e ripristinare, ai tempi, un clima di fiducia. Da allora molti progressi sono stati fatti, con l’indicazione della provenienza che è stata estesa a circa i quattro quinti della spesa, anche se ancora una volta resta anonima, spiega l’associazione di categoria, l’origine dei legumi in scatola, della frutta nella marmellata o nei succhi, del grano impiegato nel pane, biscotti o grissini, senza dimenticare la carne o il pesce venduti nei ristoranti.
Ma l’obiettivo della Coldiretti è quello di rendere obbligatoria l’origine degli ingredienti su tutti gli alimenti in commercio nell’Unione Europea. E per farlo lo scorso anno è stata lanciata una proposta di legge di iniziativa popolare per la quale occorre raccogliere un milione di firme.
“Basta ai cibi importati e camuffati come italiani e difendere la salute dei cittadini e il reddito degli agricoltori - è il monito dell’associazione - solo così sarà possibile porre fine all’inganno dei prodotti stranieri spacciati per tricolori, permesso dall’attuale norma del codice doganale sull’origine dei cibi che consente l’italianizzazione grazie a ultime trasformazioni, anche minime”.

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