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USA, L’ORIGINE DEL VINO SI CERTIFICA CON IL “DNA”: IL TTB SCEGLIE IL SISTEMA DELLA SERGE-GENOMICS, SPIN-OFF DELL’UNIVERSITÀ DI SIENA. IL PROFESSOR ATTILIO SCIENZA: “LEGITTIMO, MA LA LETTERATURA SCIENTIFICA NON NE HA ANCORA DIMOSTRATO LA SUA VALIDITÀ”

Italia
L’origine del vino si certifica con il Dna

Analisi del Dna per autenticare il contenuto di una bottiglia che arriva sul mercato: ecco la via scelta dall’Alchol & Tobacco Tax & Trade Bureau, ente Usa che regola l’accesso di bevande alcoliche negli States, che ha individuato come partner per le analisi l’italiana Serge-genomics, spin-off dell’Università di Siena, dopo i risultati sperimentali di un protocollo di lavoro in atto dal 2009, con il Ttb che ora intende passare alla fase attuativa vera e propria della metodologia. L’obiettivo è quello di perfezionare l’autenticazione varietale dei vini commerciati nel mercato statunitense, adottando l’analisi del vino basata sul Dna come metodo di riferimento, cioè come principale controllo analitico ufficiale nei casi di dubbi sulla reale natura dei vini non solo monovarietali, ma anche nei prodotti ottenuti da uvaggi. Evidentemente, il Ttb ritiene decisiva l’analisi genetica, non considerando più sufficienti le classiche metodologie chimiche per risolvere in modo definitivo casi di controversa natura del prodotto. “Il nostro laboratorio ha sempre creduto nell’analisi del Dna per il riconoscimento varietale nel vino - spiega la dottoressa Rita Vignani, responsabile Serge-genomics - e la decisione del Ttb non fa che confermare la validità del nostro progetto”. Ma non tutti, ad oggi, credono appieno nell’efficacia di questo metodo. Se per Fulvio Mattivi dell’Istituto di San Michele all’Adige l’analisi del Dna “fornisce puramente informazioni sull’origine della materia prima, ed è estremamente utile per l’accertamento dell’origine varietale”, il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, tra i massimi esperti di viticoltura, è più cauto: “l’analisi del Dna del vino non ha ancora dimostrato una completa validità. Poi c’è il problema del riconoscimento ufficiale del metodo in questione che, per adesso, sia il nostro Ministero dell’Agricoltura sia l’Oiv, non hanno preso in considerazione. Che il Ttb americano lo voglia adottare, è assolutamente lecito, ma nella ricerca scientifica i passi sono più lenti e devono essere comprovati da altri laboratori, che attestino prima di tutto la riproducibilità del metodo. Per ora non sono a conoscenza di una letteratura scientifica che abbia dimostrato la sua validità”.

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