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EXPORT TRICOLORE

Variante Covid in Uk, col blocco dell’agroalimentare a rischio cibo e bevande Made in Italy

Coldiretti stima una perdita di 9,3 milioni di euro al giorno, Confagricoltura chiede proroga della Brexit. Il mercato britannico vale 3,4 miliardi
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Variante Covid in Uk, col blocco dell’agroalimentare a rischio cibo e bevande Made in Italy

Ci mancava, in questo 2020 da incubo, anche la variante del Covid, il nuovo ceppo del virus, presente in particolare in alcune aree dell’Inghilterra, che ha fatto scattare una serie di misure in tutta Europa, Italia inclusa, tra cui il blocco dei trasporti via terra, dei traghetti e dei voli. Limitazioni che riguardano anche i prodotti agroalimentari e che, secondo un’analisi Coldiretti mettono a rischio oltre 9,3 milioni di euro di cibo e bevande made in Italy che vengono esportate in media ogni giorno in Gran Bretagna, che è al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti.

Le esportazioni agroalimentari italiane in Gran Bretagna nel 2019 hanno raggiunto oltre 3,4 miliardi di euro (il prodotto più venduto è stato il vino, che spinto dal Prosecco ha fatturato sul mercato inglese quasi 771 milioni di euro, seguito da pomodoro, pasta, formaggi e olio d’oliva). Un valore che quest’anno, nonostante le difficoltà della pandemia, è in leggero aumento, dovuto alla tendenza ad accumulare scorte ed evitare l’arrivo di dazi e ostacoli amministrativi e doganali per effetto della Brexit.

A proposito di Brexit, da Confagricoltura è arrivata la richiesta di prorogare la scadenza, fissata a fine anno, per l’uscita del Regno Unito dal mercato unico e dall’unione doganale.
“Il governo di Londra - spiega il presidente, Massimiliano Giansanti - ha già annunciato una riunione di emergenza per fronteggiare l’esaurimento delle scorte nei supermercati previsto nel giro di pochi giorni. La questione va affrontata anche dalle istituzioni di Bruxelles”.

Il Regno Unito, evidenzia Confagricoltura, è importatore netto di prodotti agroalimentari. Per il settore orticolo, ad esempio, la produzione britannica copre il 50% del fabbisogno interno e per la frutta si scende addirittura al 5%. Nel complesso, le importazioni di settore dalla Ue ammontano a 40 miliardi di euro l’anno. “Negli ultimi giorni - aggiunge Giansanti - si sono già formate lunghe file di automezzi in prossimità delle frontiere del Regno Unito con la Ue. Una situazione che potrebbe diventare costante nelle prossime settimane e, forse, nei prossimi mesi. Dal 1 gennaio 2021, infatti, in assenza di un accordo commerciale tra Ue e Regno Unito, i tempi di transito sarebbero allungati ulteriormente dall’entrata in vigore dei controlli doganali e fitosanitari”.

Scatterebbero, inoltre, i dazi doganali stabiliti dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Per il settore agroalimentare, i dazi si attesterebbero in media al 20%, con punte del 70% su alcune produzioni zootecniche. “La proroga del periodo transitorio per l’effettiva uscita del Regno Unito non è più consentita dagli accordi sottoscritti - conclude il presidente Confagricoltura - ma le situazioni di emergenza impongono scelte straordinarie. Con la proroga, inoltre, si avrebbe anche più tempo per raggiungere un accordo sulle future relazioni commerciali bilaterali, in linea con gli auspici di tutto il mondo agricolo nella Ue e nel Regno Unito. Evitiamo di aggiungere ai contraccolpi economici della pandemia una pesante situazione di instabilità dei mercati agricoli”.

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