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MERCATI E SCENARI

Vino ed export, nei primi 9 mesi vola il Veneto (a 2 miliardi di euro), davanti a Toscana e Piemonte

Le “pagelle” alle Regioni sui primi tre quarti del 2022. Ma Unione Italiana Vini - Uiv avverte: “crescita solo in valore, legata all’inflazione”

Se il vino italiano nel 2022 vedrà al rialzo il suo record delle esportazioni, che punta verso quota 8 miliardi a fine anno, dopo i 5,7 superati nei primi 9 mesi del 2022 (+12,2% sul 2021), è grazie alla crescita in valore in tutti in mercati più importanti, dagli Usa alla Germania, dal Regno Unito al Canada, dalla Svizzera alla Francia, come abbiamo riportato qui, ma anche a quella di Paesi del Nord Europa, per esempio, con la Svezia a +12% (per 159 milioni di euro), o del Giappone, a +30,4% sul 2021 (per 159 milioni di euro), che compensano diversi cali nel resto dell’Asia, dal -13,9% della Cina (per 78,8 milioni di euro) al -7,1% di Hong Kong (19,7 milioni di euro), al -4,6% in Corea del Sud, che sembrava uno dei nuovi “eldorado” del vino dell’Estremo Oriente (ferma a 57,8 milioni di euro).
In ogni caso, la crescita in valore è importante, ma secondo Unione Italiana Vini (Uiv), non c’è molto da esultare, perchè è un aumento “determinato più dalla spinta inflattiva che dalla domanda reale, e potrebbe non bastare a coprire l’aumento dei costi”. Con le bollicine a +9,2% in quantità e +22,7% in valore, mentre i vini fermi sono sostanzialmente sugli stessi volumi del 2021 (-0,3%), con i rossi più in difficoltà (-2,6%) rispetto ai bianchi (+2,6%). Non di meno, la buona performance in valore del Paese, è indissolubilmente legata alle performance regionali, quasi tutte in crescita a doppia cifra, come emerge dai dati Istat riletti da WineNews.
La locomotiva Veneto, con i suoi Prosecco e Pinot Grigio, con la Valpolicella e i vini di Soave, per esempio, continua a trainare il treno del vino italiano, con oltre 2 miliardi di euro di esportazioni ed una crescita nel periodo del +16,6%, seguita a distanza dalla Toscana di Bolgheri e del Chianti Classico, del Brunello di Montalcino e del Nobile di Montepulciano, della Vernaccia di San Gimignano e di una sempre più apprezzata Igt Toscana, a 939 milioni di euro (+15,1%), e, sul podio, dal Piemonte, a 930 milioni di euro (+5,8%), grazie a Barolo, Barbaresco, Barbera d’Asti e del Monferrato, Gavi, Alta Langa, Asti e non solo.
Tre Regioni che, da sole, insieme, rappresentano i 2/3 di tutte le esportazioni vinicole dell’Italia del vino. Di poco sotto i risultati 2021 l’Alto Adige dei grandi bianchi, a 454,2 milioni di euro (-0,2%), mentre cresce dell’8,2% l’Emilia Romagna del Lambrusco e del Sangiovese, del Trebbiano e dell’Albana, a 324,9 milioni di euro, e fa +10%, invece, la Lombardia del Franciacorta e dell’Oltrepò Pavese. In terreno nettamente positivo anche l’Abruzzo del Montepulciano e del Cerasuolo, a +10,7%, per 163 milioni di euro, così come, guardando alle grandi Regioni del Sud, la Puglia del Primitivo e del Negramaro, del Salento e di Castel del Monte, che fa +8,7%, a 145 milioni di euro, e la Sicilia dell’Etna e di Vittoria, di Noto e di Pantelleria, addirittura a +25%, per un totale di 130 milioni di euro.

Focus - Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv) - Ismea: export sui primi 9 mesi del 2022 a volumi piatti, bene il valore, ma condizionato da inflazione
È di 16 milioni di ettolitri la domanda di vino italiano all’estero che, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio del vino di Unione Italiana Vini (Uiv) ed Ismea su base Istat, chiude il parziale dei primi nove mesi con volumi in sostanziale continuità (+0,3%) sul risultato dello stesso periodo dello scorso anno, per un controvalore-record di quasi 5,8 miliardi di euro. Dato, quest’ultimo, che sancisce un incremento in doppia cifra (+12,3%) rispetto al pari periodo 2021 ma che, se normalmente verrebbe accolto con non poca soddisfazione, ora lascia poco spazio all’esultanza: determinato più dalla spinta inflattiva che dalla domanda reale, potrebbe non bastare a coprire l’aumento dei costi. Sempre più influenzato dalla performance delle bollicine, che in attesa della consueta prova di fine anno tra gennaio e settembre mettono a segno +9,2% in quantità e +22,7% in valore, il vino tricolore vede i fermi appiattiti sui volumi dello scorso anno (-0,3%), con i rossi in particolare difficoltà (-2,6% la performance dei 9 mesi contro +2,6% dei bianchi).

Le Dop ferme, in particolare, si posizionano sotto la media sia per quantità (-2%) che per valore (+9,6%). La domanda di vini fermi si dimostra stabile o in leggero calo in Germania e Uk, mentre sono in contrazione le quantità vendute negli Usa (-6%) e in Svizzera (-7%). Tra le piazze in positivo, Giappone (+29%), Canada (+8%), Svezia e Paesi Bassi. Meglio, invece, i trend dei top buyer per quanto riguarda gli sparkling, che vedono gli Stati Uniti a saldo zero per volume, il Regno Unito a +5% e la Germania a +6%, con exploit di acquisti da Francia (+25%) e Canada (+15%).

Analizzando l’export secondo la piramide della qualità, nei primi 9 mesi 2022, il segmento Dop ha realizzato nel complesso poco più della metà delle vendite made in Italy (8,4 milioni di ettolitri), registrando un +2,2% dei volumi per un totale di circa 3,9 miliardi di euro (+14,6% sullo stesso periodo 2021), pari a due terzi del valore dell’export enologico italiano. Stabili a 4 milioni di ettolitri i vini Igp per un controvalore di 1,3 miliardi di euro (+7,2%).

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