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“Vogliamo essere in tutti Paesi del mondo, tante aperture in vista, ma il grande progetto è Fico a Bologna. Il futuro del vino è nel “naturale”. Avrei già venduto, ma ai miei figli Eataly piace da matti!”. Parla Oscar Farinetti, nei 10 anni di Eataly

Non Solo Vino
Oscar Farinetti, mister Eataly

“Non so quanto ho investito in Eataly, la parte del denaro è quella che mi interessa meno. Di certo molti soldi, davvero tantissimi, ma ogni volta che faccio un lavoro, se ho successo, prendo tutti i soldi che ho guadagnato e li reinvesto in un nuovo progetto. E sono contento così”. Così, a WineNews, Oscar Farinetti, nei 10 anni della nascita di Eataly, celebrati nei giorni scorsi a Torino, dove ha aperto il primo di tutti (con una cena stellata firmata da chef che vanno da Massimo Bottura, a Moreno Cedroni, da Enrico e Roberto Cerea a Pino Cuttaia, da Gennaro Esposito a Philippe Léveillé, da Alessandro Negrini e Fabio Pisani a Claudio Sadler, da Ciro Salvo a Davide Scabin, fino a Luigi Taglienti, più un pizzaiolo gourmet tra i più bravi al mondo, Luca Montersino), al quale, nel giro di due lustri, ne sono seguiti altri 20 in Italia e 12 all’estero, spesso recuperando edifici storici e riportandoli in vita contribuendo al rilancio di interi quartieri cittadini, e portando ovunque la cultura del cibo italiano e raccontando l’unicità della tavola del Paese. “Dieci anni volati - dice Farinetti - qualcosa abbiamo combinato, in Italia e nel mondo. Tutto è dipeso dall’immensa fortuna di esser nati nel Paese più bello e gustoso del mondo”.
Ma Eataly non si ferma, e guarda al futuro, con nuovi progetti. “Il primissimo da citare è Fico - Eataly World a Bologna - dice Farinetti -100.000 metri quadrati, una cosa unica al mondo, che ai tre fattori base di Eataly che sono l’integrazione tra mercato, ristorazione e didattica, unirà anche agricoltura e trasformazione. L’agricoltura con 2 zone di coltivazione, la trasformazione con spazi che ospiteranno “40 fabbriche contadine” che lavoreranno quei prodotti. Ci saranno 25 ristoranti, aule didattiche, un teatro, un cinema, e soprattutto, quello che mi piace di più, 6 “caroselli” straordinari, in cui andare fisicametne come in una giostra. In una c’è “Doroty”, una bambina del pleistocene che ci insegna la storia del fuoco, in una c’è Plinio il Vecchio che bisticciando con Columella, con Varrone, e con Catone il Censore ci accompagna a studiare la storia dell’agricoltura italiana. In una abbiamo Hemingway che parla del rapporto millenario tra l’uomo e il mare, in una Noè che ci racconta la storia del vino, dell’olio e della birra, in una i figli di Noè che ci raccontano la storia degli animali e dell’allevamento, e chiudiamo con un sesto carosello che è dedicato al futuro, dove c’è il poeta Tonino Guerra che bisticcia con scienziati e filosofi, e si chiude con una bambina, Celeste, di 6 anni, che ci spiega quale è il gusto del futuro, ovvero quel gusto che quando si mangia qualcosa fa venire voglia di ridere”.
Ma se questo è il grande progetto di cui si parla da tempo, tante sono anche le nuove aperture di Eataly in vista, come più volte annunciato dallo stesso Farinetti: “ci sono 194 Nazioni nel mondo, noi oggi siamo presenti in 12, ma l’obiettivo è coprirle tutte. Quest’anno apriremo a Los Angeles, Mosca, Stoccolma, completeremo il progetto negli Emirati Arabi, e stiamo studiando un grande colpo in Cina e in India. Ma nel 2018 sono già in programma Londra e Parigi”.
Farinetti non è solo il fondatore di Eataly, ma anche produttore di vino, con una rete di cantine di primo piano: da Borgogno e Fontafredda in Piemonte a Le Vigne di Zamò in Friuli Venezia Giulia, e non solo. E sul fronte enoico, secondo lui, “l’Italia è sulla strada giusta, quella che mi ha insegnato il mio maestro Luca Gargano (presidente di Velier e appassionato esploratore del mondo dei distillati e del vino, ndr) 12 anni fa, ovvero quella della sostenibilità, della pulizia, del vino “vero” e non del vino “falso”. E ora in tanti stanno andando in quella direzione, che è quella del vino naturale. L’Italia è già il Paese più verde al mondo, con più aziende bio, e deve continuare su quella strada. Deve distinguersi nel mondo perchè produce un vino “vero”, “naturale”. Dove, per esempio, il lievito - che mi ha spiegato Gargano è lo “sperma” del vino, e dovrebbe chiamarsi lievito padre e non lievito madre - deve venire dalla tua vigna, altrimenti quel vino non è naturale”, dice Farinetti.
Tra gli Eataly di maggior successo all’estero ci sono quelli negli Stati Uniti, New York in primis, che sono anche un ottimo osservatorio per capire le dinamiche del made in Italy negli States, che sono un mercato fondamentale. Dove dopo anni di crescita le cose, al netto delle politiche di Trump, stanno registrando qualche frenata.
“Noi in realtà cresciamo ancora, ma c’è un effetto clessidra: c’è chi cresce molto e chi diminuisce.
Nel futuro secondo me non ci saranno più questi andamenti “nazionali” generalizzati. Vincerà chi è più bravo, il produttore, la selezione sarà sempre più forte, ed essere forte vuol dire fare un prodotto vero e narrarlo bene”.
Certo è che Eataly ha un valore quasi inestimabile, e più volte sono arrivati rumors su una possibile vendita da parte di Farinetti. Che confessa: “se fosse per me lo avrei già venduto, ma ho tre figli a cui Eataly piace da matti, e quindi ci restiamo”.

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