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IL COMMENTO

La Michelin non convince Fipe: “non rappresenta tutta l’eccellenza della ristorazione italiana”

“Il superamento del binomio “locale - chef patron” spinge ad una riflessione sul futuro della ristorazione italiana di qualità” continua Fipe/Confcomm
CUCINA ITALIANA, FIPE, GUIDA MICHELIN, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
La Fipe commenta i riconoscimenti della Guida Michelin 2020

L’Italia è ancora uno dei Paesi più premiati dalla prestigiosa Guida Michelin, la cui edizione 2020, presentata l’altro ieri a Piacenza, ha visto premiati 374 ristoranti italiani, con una, due o tre stelle. Sinonimo, questo, sicuramente di un settore, quello della ristorazione, che punta, e arriva, all’eccellenza, ma che è anche in continuo mutamento, soprattutto per lo chef, sempre più figura vicina all’imprenditoria, con alcuni dei migliori chef d’Italia che non solo investono in più ristoranti, ma si occupano direttamente della loro gestione totale. E proprio da qui nascono i dubbi di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che aderisce alla più importante organizzazione delle imprese del commercio e del terziario avanzato d’Italia, la Confcommercio), che, nonostante gli immancabili complimenti agli chef premiati dalla Rossa, non manca di esprimere perplessità sul sistema di valutazione delle eccellenze. “Crediamo sia importante sottolineare - si legge in una nota della Fipe/Confcommercio - che la Guida non sia sufficiente a rappresentare tutta l’eccellenza e la ricchezza di un settore che conta oltre 110.000 imprese e sviluppa un volume d’affari di 30 miliardi di euro. Ci sembra che il superamento del binomio “locale - chef patron”, che, nell’edizione 2020, risulta ulteriormente consolidato, debba spingere tutti ad una profonda riflessione sul futuro della ristorazione italiana di qualità”. Sarebbe, quindi, da prendere in esame il fatto che lo chef, almeno quello alla ribalta di voti e punteggi da parte di guide prestigiose, sia sempre meno quello che materialmente cucina e si occupa del lato gastronomico di un ristorante, ma sia sempre di più uno chef-imprenditore, che dirige più ristoranti, dando sì una linea guida, ma affidandosi sempre più a fedeli sous-chef e brigate ben istruite.

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