“Il mercato cinese rappresenta per noi una sfida e una grande opportunità. Con la “Chianti Academy” vogliamo fare un passo in più rispetto alla semplice promozione: formiamo figure che possano diventare ambasciatori del nostro vino e raccontare la Toscana in modo autentico”. Parola di Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, che tutela la più grande denominazione rossista di Toscana e d’Italia, pronta a partire per un tour che, dal 22 agosto al 13 settembre, toccherà quattro città chiave del mercato cinese: Guangzhou (22-23 agosto), Shanghai (29-30 agosto), Chengdu (5-6 settembre) e Pechino (12-13 settembre).
Il tutto per “seminare il futuro” in un mercato, come quello cinese, difficile da penetrare, dove è forte la concorrenza di Paesi come la Francia, ma anche come l’Australia, tornata a crescere tantissimo dopo la fine delle dispute doganali con il Paese del Dragone, o con il Cile, e dove raccontare la propria qualità ed identità è fondamentale per ricavarsi uno spazio. E proprio far capire ai cinesi cosa è il Chianti, perchè è un vino unico e diverso dagli altri, è il focus della “Chianti Academy” 2025, che combina lezioni frontali, degustazioni guidate e momenti di confronto: un racconto immersivo del Chianti docg che unisce vino e gastronomia. In ogni città ci saranno relatori di primo piano della scena vinicola cinese. E, dunque, a Guangzhou ci sarà Jerry Chen, docente della scuola di formazione Asia Wine Service & Education Centre e titolare del diploma Wine & Spirit Education Trust (Wset); a Shanghai, Stephen Li, tra i primi cinesi a ottenere il diploma Wset e attivo nella formazione professionale da oltre 10 anni; a Chengdu, Marshall Chen, manager del più grande centro di formazione sul vino del Sud-Ovest della Cina, e, a Pechino, Jeff Gong, direttore WineIta.com e sommelier certificato Associazione Italiana Sommelier (Ais).
Un tassello fondamentale, la Cina - che il vino italiano prova da anni a conquistare ma ancora senza lo sperato successo, come raccontano i dati Istat più aggiornati - per la strategia di diversificazione dei mercati del Chianti (che da anni investe molto anche su mercati ad oggi “minori”, dal Messico a Cuba, dall’Africa ai più piccoli tra i Paesi asiatici, ndr), che lavora per aumentare la platea mondiale a cui far portare in tavola i 75 milioni di bottiglie vendute ogni anno, che nascono dal lavoro di 2.200 produttori su oltre 13.600 ettari di vigneto, per quel Chianti che è la denominazione più “pop” dei rossi di Toscana.
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