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LO SCENARIO

2023 meglio delle attese per le cantine “top brand” d’Italia, che vedono anche un 2024 in crescita

“Sentiment” che arriva dal sondaggio WineNews, che mette insieme 2,5 miliardi di fatturato di 27 piccole e grandi imprese “virtuose” del vino italiano
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Non c’è crisi per le imprese più virtuose del vino italiano

Non c’è crisi per le imprese più virtuose del vino italiano, che è uno dei gioielli di un made in Italy “del buono, del bello e del ben fatto” che non perde mai il suo appeal. Anche in un contesto economico e geopolitico difficilissimo, le aziende vitivinicole che hanno marchi importanti e affermati sui mercati, il cui valore e la cui qualità sono riconosciuti pressoché universalmente, si dimostrano più forti delle difficoltà: nella maggior parte dei casi con fatturati, comunque, in crescita, in altri accusando qualche colpo, ma senza vacillare, e guardando all’immediato futuro con grande ottimismo, tanto che la stragrande maggioranza prevede, per il 2024, una crescita del giro d’affari sul 2023 (che, comunque, per metà delle cantine dell’indagine, è superiore al 2022). Con la convinzione che il calo dei consumi sia congiunturale e legato alle difficoltà economiche, e non strutturale per il crescente salutismo o per il ricambio generazionale dei consumatori. E con la consapevolezza, però, che una delle azioni fondamentali resta quella di “stare sulla strada”, di essere costantemente presenti e attivi sui mercati, in prima persona o attraverso la propria rete vendita, tra gli aspetti su cui le imprese presteranno più attenzione, insieme al controllo di gestione aziendale, perché in uno scenario ipercompetitivo come quello del vino, non si può lasciare nulla al caso. È il quadro delineato dal sondaggio WineNews “Il vino italiano tra il 2023 ed il 2024: lo stato dell’arte e le prospettive”, che ha raccolto i sentiment di 27 realtà di primissimo piano del vino italiano, che mettono insieme un fatturato aggregato superiore ai 2,5 miliardi di euro (che rappresenta oltre il 15% dell’intero giro d’affari, alla produzione, del settore), con un campione eterogeneo fatto di piccole aziende di grande blasone, grandi gruppi strutturati con cantine e brand di grande prestigio, e cooperative che, da tempo, hanno puntato sulla qualità e sulla costruzione di marchi importanti e ben posizionati sul mercato. Uno spaccato, va detto, che non rappresenta ovviamente la totalità del vino italiano. Che è una grande flotta che attraversa un mare evidentemente in tempesta, tra inflazione, costi elevati e che tornano ad aumentare, per esempio, per i noli dei container, in seguito alla crisi del Mar Rosso, consumi che non volano per le difficoltà economiche di tanti mercati, e anche per una tensione di fondo legata a guerre e conflitti, su tutti quello tra Ucraina e Russia e quello tra Israele e Hamas, ma non solo, che tolgono a molte persone quella serenità e quell’ottimismo che, normalmente, è un boost per i consumi “di piacere”, come ormai è il vino. Una flotta fatta da tante imbarcazioni diverse, ovviamente, e se molte piccole e grandi navi poco solide, ovvero piccole cantine con brand poco conosciuti o grandi realtà che puntano su vini di basso prezzo e quindi con marginalità molto risicate, sono un po’ in preda alle onde, le “navi ammiraglie”, ossia le cantine che, negli anni, hanno costruito marchi di valore, ben posizionati, e si sono strutturate sia nella gestione interna che sui mercati d’Italia e del mondo, viaggiano a vele spiegate.
Venendo ai dati del sondaggio WineNews, emerge che su 27 aziende, 10 hanno visto un fatturato in crescita nel 2023 sul 2022, nella maggior parte dei casi (6) tra il +2% ed il +6,5%, ma c’è anche chi dichiara aumenti tra il 10% ed il 12% (3 aziende) e chi, caso estremo, ha registrato un balzo del +21%. 8 cantine su 27, invece, hanno chiuso in pareggio, mentre 9 aziende hanno accusato un calo, contenuto in una forbice tra il -3% ed il -9%, e solo un caso dichiara un -20%.
Osservando i mercati, nella grande eterogeneità del campione, un dato emerge in maniera chiara: nel 2023 il mercato che ha dato più soddisfazione, nella grande maggioranza dei casi, è stato l’Italia, soprattutto, specificano alcuni, grazie al canale Horeca, e quindi al fuori casa. Anche se non manca qualche caso che dichiara di aver avuto le soddisfazioni maggiori dall’export che, peraltro, per quasi tutte le aziende del campione, rappresenta almeno il 50% del giro d’affari, arrivando, in alcuni casi, ad oltre l’80%. Difficile dare un sentiment preciso su quali siano i mercati stranieri che sono stati migliori: Paesi strategici come Usa, Canada, Uk e Germania, per esempio, da alcune cantine sono indicati come quelli che hanno performato meglio, e per altre, invece, sono quelli che hanno penalizzato di più i bilanci, mentre quasi tutti concordano sugli scarsi risultati ottenuti nell’area asiatica, Cina in testa.
In ogni caso, secondo le imprese, i fattori che sono stati più difficili da gestire nel 2023 (erano possibili risposte multiple), sono stati l’inflazione in generale, con tutti i suoi effetti diretti e indiretti (19 risposte), seguita dal calo dei consumi e delle vendite (18 risposte), ma ha pesato molto anche l’aumento del costo del denaro per i vari rialzi dei tassi di interesse decisi dalla Bce (12 risposte), che hanno presentato più difficoltà anche rispetto al costo dell’energia e delle materie prime (10 risposte) e della gestione dei listini dei prezzi del vino (9).
Guardando al 2024 appena iniziato, invece, il sentiment è quasi universalmente molto positivo. Innanzitutto perché, come detto, la visione sul calo dei consumi di vino, che molti studi prevedono strutturale, tra i più giovani che non sostituiscono le generazioni più mature nei volumi di consumo, e il crescente salutismo che colpisce tutte le bevande alcoliche, è condivisa da meno del 10% delle aziende campione. Un buon 90% ritiene, infatti, che la frenata nelle bottiglie stappate e nei brindisi sia congiunturale e legata alla situazione economica che, prima o poi, come sempre successo nella storia del mondo, tornerà a migliorare. Di conseguenza, solo una cantina del campione del sondaggio WineNews pensa che il suo fatturato 2024 diminuirà (intorno al -10%), mentre se per 9 resterà sui livelli del 2024, per 17 aziende, quasi il 70% del totale, il business crescerà, in una fascia, per i più, compresa tra il +5% ed il +10%. A patto, però, di continuare ad investire, ed in questo senso arriva un segnale chiaro, ovvero la necessità di essere presenti e proattivi sui diversi mercati, e di “battere la strada”, come si diceva un tempo. Il rafforzamento dei rapporti con la rete vendita in Italia e all’estero, infatti, è indicato come l’aspetto a cui si farà più attenzione nel 2024 (19 risposte), seguito dal controllo di gestione aziendale (17 risposte) e dagli investimenti in pubblicità e partecipazioni agli eventi (15 risposte). Ma ci sarà anche più attenzione anche nel rapporto con le banche ed il mondo della finanza. Guardando agli eventi di promozione, poi, 13 aziende dichiarano che parteciperanno agli stessi a cui hanno preso parte nel 2023, 5 cercheranno di farne di più, altrettante saranno quelle che, invece, parteciperanno a meno eventi, privilegiando le grandi fiere di respiro internazionale come Vinexpo Wine Paris, Vinitaly e ProWein, per esempio, mentre 4 aziende taglieranno qualche evento, dando più rilievo a quelli più piccoli sul loro territorio. Infine, una considerazione sulla vendemmia 2023, che a livello nazionale, ed in molte Regioni e territori, è stata tra le più scarse degli ultimi anni, soprattutto a causa della peronospora. Un fatto che, per un buon 60% del campione, non è negativo, perché aiuterà a smaltire le scorte ed a non far scendere i prezzi in una fase di mercato che, comunque, non è brillante. Ma non è piccola la fetta di coloro che segnalano come, al contrario, sia un danno, perché mancherà prodotto da collocare sul mercato, con minori potenziali introiti per le aziende.
Un ritratto, quello che emerge dal “sentiment” di WineNews, dunque, non così scuro, come invece tutto, verso la metà del 2023, lasciava immaginare. E che, però, vale la pena ribadirlo, riguarda, in termini numerici, una piccola parte delle imprese del vino italiano, quelle più virtuose, affermate e strutturate, con marchi forti e riconoscibili, che sono poi quelli ai quali, in ogni settore, ci si rivolge nei momenti più difficili dell’economia. E che, pur muovendo il grosso del giro d’affari, a livello numerico, rappresentano una piccola minoranza rispetto alle migliaia di aziende e cantine che compongono il settore, e che, a loro modo, sono fondamentali per l’economia, la socialità, il lavoro e la vita di tanti territori. E per le quali, probabilmente, le difficoltà di questi tempi, sono decisamente maggiori, e le prospettive meno luminose.

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