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Salute & Unione Europea - Coldiretti: due italiani su tre chiedono stop a cibi insicuri. E il 20% vuole chiudere le frontiere a quelli ottenuti con danni all’ambiente e sfruttamento del lavoro

Due italiani su tre (65 per cento) ritengono che il compito principale dell’Unione Europea sia quello di garantire nei cibi la sicurezza e la trasparenza dell’informazione su qualità, origine e caratteristiche per tutelare la salute e consentire scelte di acquisto consapevoli. Emerge dai risultati del sondaggio effettuato dal sito www.coldiretti.it ed illustrati dal presidente Paolo Bedoni a Bruxelles per l’incontro internazionale “Il futuro alimentare dell’Unione Europea: sicurezza e mercato”, dai quali è emerso anche che ben il 20 per cento dei connazionali chiede controlli alle frontiere sul rispetto delle norme socio-ambientali per evitare che i prodotti in vendita vengano ottenuti danneggiando il territorio e sfruttando il lavoro, anche minorile.
Solo il 12 per cento degli italiani - riferisce la Coldiretti - sostiene che l’Unione Europea debba “astenersi da qualsiasi intervento affinchè siano solo la domanda e l’offerta a determinare i prezzi e le caratteristiche dei prodotti sul mercato”, mentre una percentuale residuale del 3 per cento chiede “concorrenza ai più bassi prezzi di vendita con la liberalizzazione dei mercati”, a dimostrazione che per i prodotti alimentari le ragioni della sicurezza prevalgono su quelle economiche anche nei momenti di crisi. Una esigenza nel mercato globale soprattutto alla luce delle recenti emergenze sanitarie (dalla mucca pazza dell’Inghilterra al pesce al mercurio, dal latte alla diossina del Belgio ai polli all’antibiotico del Brasile fino all’influenza aviaria) che hanno dimostrato come la difesa degli interessi dei consumatori non può fermarsi alla liberalizzazione dei mercato ma - continua la Coldiretti - devono essere imposti requisiti di qualità e di trasparenza per tutti i prodotti alimentari e previsti meccanismi per la loro osservanza.
Una misura di tutela dei cittadini che per gli italiani - continua la Coldiretti - deve estendersi anche fuori dai confini comunitari dove anche nell’agroalimentare molti sistemi produttivi fondano il proprio successo sullo sfruttamento dell’ambiente e del lavoro. Ne è un esempio - precisa la Coldiretti - l’allarme lanciato sull’importazione di rose nel mercato comunitario che vengono “smistate” nei diversi Paesi dell’Unione dopo essere arrivate a Londra e Amsterdam dal Kenia dove vengono coltivate senza protezioni sociali, con l’utilizzo di pesticidi non autorizzati e l’uso di acqua che viene sottratta alle popolazioni sofferenti per la sete. O ancora quella di pomodoro dalla Cina, che esporta in Italia 100mila tonnellate di concentrato all’anno, dove secondo l’accusa lanciata dal gruppo Human Rights in China viene coltivato con il lavoro dei detenuti costretti ai lavori forzati dal sistema carcerario paramilitare del Xinjiang, la regione centroasiatica di frontiera. Si tratta di pericolose distorsioni del commercio globale che - sottolinea la Coldiretti - coinvolgono direttamente l’Unione Europea che è il principale importatore mondiale di prodotti agroalimentare e ha il dovere di svolgere un ruolo di leadership nel garantire la sostenibilità del commercio dal punto di vista sanitario, ambientale e sociale.
E per questo - precisa la Coldiretti - occorre accelerare il percorso intrapreso a livello comunitario con una riforma della politica agricola finalizzata a garantire una produzione agricola rivolta al mercato e alle garanzie di qualità anche con l’estensione a tutti i prodotti dell’obbligo (già in vigore nella UE per carne bovina, uova, miele, ortofrutta fresca) di indicare nelle etichette l’origine della componente agricola impiegata per ridurre i rischi, valorizzare il territorio e assicurare il rispetto di adeguati standard socio ambientali anche nelle produzioni importate.
Un'opportunità per l’Italia che può vantare i primati raggiunti sul piano della qualità, sicurezza alimentare ed ambientale dall'agricoltura nazionale con la leadership nazionale di ben 155 denominazioni di origine italiane riconosciute nell’albo comunitario sul totale di 720 (22 per cento) e il fatto che una impresa biologica europea su tre è italiana (37,7%), la superficie nazionale coltivata a biologico rappresenta più di un quarto (27,7%) del totale coltivato a livello Ue, senza dimenticare il divieto sancito a livello nazionale di coltivare produzioni biotech.
Ma anche - conclude la Coldiretti - il record assoluto del 99 per cento dei campioni di frutta e verdura con residui di pesticidi al di sotto dei limiti di legge che conferma gli ultimi risultati pubblicati dalla Commissione Europea dai quali emerge che la frutta e la verdura Made in Italy sono le più sicure in Europa con una presenza di residui chimici nettamente inferiore a quella di altri Paesi produttori dove le irregolarità rilevate per i prodotti alimentari sono superiori di tre volte in Germania, quattro volte in Francia e Spagna e di oltre 6 volte in Olanda.

Cosa dice il sondaggio - Gli italiani sull'Europa a tavola
Nel commercio di prodotti agroalimentari cosa deve garantire principalmente l’Unione Europea? 3%
La concorrenza ai più bassi prezzi di vendita con la liberalizzazione dei mercati 65%
La sicurezza e la trasparenza dell’informazione su qualità, origine e caratteristiche per tutelare la salute e consentire scelte di acquisto consapevoli 20%
Il rispetto delle norme socio-ambientali per evitare che i prodotti in vendita vengano ottenuti danneggiando il territorio e sfruttando il lavoro 12%
Astenersi da qualsiasi intervento affinchè siano solo la domanda e l’offerta a determinare i prezzi e le caratteristiche dei prodotti sul mercato
Fonte: sondaggio del sito www.coldiretti.it, realizzato con le risposte dei naviganti senza valore statistico

Focus - Alcuni esempi di emergenze sanuitarie in Italia e in Europa
Mucca pazza -
Nel 1985 si sviluppa una nuova malattia dei bovini, la "Bse" o "malattia della mucca pazza” causata, si ritiene, dal consumo da parte dei bovini di farine animali contaminate. nel gennaio del 2001.
Pomodoro cinese - Nell’agosto del 2003 il Servizio Vigilanza Antifrode Doganale di Brindisi, unitamente a Guardia di Finanza e Polizia di frontiera, dispone il sequestro di circa 20 tonnellate di concentrato di pomodoro avariato giunto dalla Cina attraverso la Grecia. Il prodotto era diretto verso industrie conserviere della Campania le quali, dopo averlo “tagliato” con il prodotto locale, lo avrebbero immesso sul mercato con l’indicazione di prodotto italiano.
Colorante del peperoncino cancerogeno - Nell'estate 2004 la britannica Food Standard Agency riscontra la contaminazione del Sudan in alcune partite di olio di palma, un olio vegetale proveniente dall'Africa occidentale, di un colorante - il Sudan IV - genotossico e cancerogeno. La Commissione europea subito allerta gli Stati membri, invitandoli ad effettuare specifici screening.
Latte all’ Ixt - Nel novembre 2005 la procura di Ascoli Piceno fa sequestrare 30 milioni di litri di latte per l’infanzia contaminato da una sostanza, l’ITX, usata per nella stampa delle confezioni in tetrapak. Scatta il meccanismo di allerta comunitario.
Grano cancerogeno - Viene arrestato il 10 gennaio 2006 dalla Guardia di Finanza l’imprenditore pugliese Francesco Casillo, leader mondiale nella vendita di semole e nell’acquisto di grano duri, con l’accusa di avvelenamento, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari. L’accusa va messa in relazione al dissequestro con false documentazioni e alla distribuzione per l’impiego industriale di 58.000 tonnellate di frumento importato dal Canada, contaminato da ocratossina, una sostanza altamente cancerogena.
Mangimi alla diossina - Il 30 gennaio 2006 chiusura di numerose aziende agricole in Belgio, Olanda e Germania a seguito della scoperta di contaminazioni da diossina nei mangimi destinati a maiali e polli presenti in 96 allevamenti del Belgio, 275 dell'Olanda e alcuni della Germania.
Fonte: elaborazioni Coldiretti

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