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SALONE DEL GUSTO 2006 - Buono, pulito e giusto: un nuovo concetto di qualità approda al Salone del Gusto. Questa la filosofia Slow Food per il presente e il futuro

Alla fine del 2005 usciva in libreria, edito da Einaudi, nella prestigiosa collana “Gli
Struzzi”, il libro di Carlo Petrini “Buono, pulito e giusto. Principi di una nuova gastronomia”.
Si tratta di un saggio in cui trova voce la nuova concezione della gastronomia che ha
guidato le azioni e i progetti di Slow Food negli ultimi anni; un risultato importante, un
punto d’arrivo nell’elaborazione teorica che ha accompagnato la realizzazione concreta
di azioni e progetti, primo fra tutti Terra Madre, da parte dell’associazione
internazionale della chiocciola.
Il progetto di ricerca Millennium Ecosystem Assessment lanciato dall'Onu nel 2001, cui
hanno lavorato circa 1300 scienziati a livello internazionale, ha presentato i risultati
sullo stato di salute dell'ambiente terrestre nel marzo del 2005: uno dei dati su cui gli
studiosi concordano è che la maggiore causa di inquinamento e distruzione di
ecosistemi e biodiversità è la produzione del cibo.
Come può un eco-gastronomo essere indifferente a un dato così sconvolgente? Il cibo,
ciò che per esso è fonte di piacere e patrimonio di cultura, è oggi la causa prima della
distruzione progressiva del pianeta. Una profonda e seria riflessione si impone,
bisogna darsi un progetto. Mangiare diventa anche un “atto agricolo”, e selezionando
cibi di buona qualità, prodotti con criteri di rispetto per l’ambiente e le tradizioni locali,
possiamo favorire la biodiversità e un’agricoltura equa e sostenibile. Possiamo
cambiare le cose.

Questa importante e impegnativa elaborazione teorica non può non trovare
applicazione concreta nel Salone del Gusto, la più grande esposizione mondiale del
cibo di qualità. Ma cosa significa precisamente questa parola? È possibile fissarne i
criteri?
Buono, pulito e giusto sono i tre aggettivi che definiscono in modo elementare le
caratteristiche che deve avere un cibo per rispondere alle esigenze degli ecogastronomi.
Non più una cricca di mangioni egoisti, incuranti di ciò che sta loro attorno
e per lo più appartenenti a un’élite facoltosa, ma individui consapevoli di poter
incidere, con le loro scelte, sul mercato e di conseguenza sulla produzione alimentare.
Buono, relativamente cioè al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di
un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni
identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito, ovvero prodotto senza stressare
la terra, nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai
concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione.
È verosimile chiedere che il mondo della produzione si adegui a questi criteri o si
impegni a lavorare per realizzarli? L'adesione a queste tematiche da parte del mondo
produttivo presente al Salone del Gusto diventa una significativa dichiarazione
d'intenti.

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