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CONSUMI: COLDIRETTI, NASCE RETE LOCALI A KM 0 IN ATTESA “ETICHETTA CLIMA”

E’ nata in Italia la prima rete di locali a chilometri zero che offrono prodotti del territorio che non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere in tavola, in attesa che anche sul territorio nazionale le principali catene commerciali si impegnino a segnalare in etichetta le emissioni di gas ad effetto serra provocate dal trasporto dei cibi in vendita che danneggiano il clima. Lo comunica la Coldiretti, che ha promosso l’iniziativa, nel commentare positivamente l’impegno del Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy a realizzare una “etichetta carbonio” che indica le emissioni di anidride carbonica da apporre sui prodotti alimentari.
Il progetto a “chilometri zero” della Coldiretti ha l’obiettivo di far riconoscere quei locali (ristoranti, osterie, gelaterie) che utilizzano prodotti del territorio (vino, olio, salumi, formaggi, latte, frutta, verdura e fiori) acquistati direttamente dalle imprese agricole. In Veneto - sottolinea la Coldiretti - il circuito a km zero annovera già tra gli aderenti dall'osteria di Padova alla gelateria di Verona, dallo snack bar di Treviso ai vari ristoranti nel veneziano fino alle mense collettive di Rovigo, riconoscibili da una apposita targa. Ma la possibilità di fare acquisti di prodotti alimentari che non producono inquinamenti da trasporto si estende da Taranto dove in pieno centro è attivo grazie alla Coldiretti il primo “farmers market” stabile gestito da agricoltori che offrono esclusivamente prodotti delle proprie aziende alle centinaia di distributori automatici di latte fresco proveniente direttamente dalle stalle fino alle quasi cinquantamila imprese agricole dove è possibile acquistare direttamente prodotti aziendali, di cui una prima selezione è disponibile sul sito www.coldiretti.it al link Terranostra.
Secondo un recente studio della Coldiretti consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia - sostiene la Coldiretti - può risparmiare fino a 1000 chili di anidride carbonica (Co2) l’anno poiché ad esempio per trasportare a Roma un chilo di ciliegie dall’Argentina in aereo per una distanza di 12mila km si liberano 16,2 kg di anidride carbonica (Co2), mentre per un kg di pesche dal Sudafrica nel viaggio di 8mila chilometri si emettono 13,2 kg di Co2 e, infine, gli arrivi di ogni kg di uva dal Cile producono 17,4 kg di Co2. C’è un numero crescente di consumatori su scala mondiale che vuole acquistare prodotti freschi, naturali, del territorio, che - continua la Coldiretti - non devono percorrere grandi distanze con mezzi inquinanti e subire i lunghi tempi di trasporto prima di giungere sulle tavole. La sensibilità di alcune catene della grande distribuzione commerciale europee nel cogliere i cambiamenti nel comportamenti dei consumatori ha già portato in alcuni casi alla scelta di dedicare ampi spazi sugli scaffali a prodotti locali del territorio o a segnalare all'opposto, con particolari accorgimenti, i prodotti provenienti da Paesi lontani con rilevanti costi ambientali.
E’ il caso - ricorda la Coldiretti - di una grande catena di distribuzione inglese che applica un aeroplanino sulle confezione della frutta e verdura importate da altri continenti o quella di altri gruppi di ospitare all'interno dei locali un vero mercato per la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. In Italia stanno arrivando le norme per la diffusione dei “Farmers Market” (i mercati esclusivi degli agricoltori in città) fortemente sostenute dalla Coldiretti che ha messo in atto una serie di iniziative per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto che non inquinano e salvano il clima: dall'introduzione dell'obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei cibi in vendita alla richiesta della disponibilità di spazi adeguati nella distribuzione commerciale dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, dall’offerta di prodotti regionali in mense scolastiche ed ospedaliere alla promozione delle vendita diretta degli agricoltori che sulla base delle esperienze di altri paesi potrebbe raggiungere fino al 15% del mercato alimentare.

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