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“PRODURRE CIBO IN CITTA’ FA BENE”: LO DICE LA FAO, SECONDO LA QUALE L’AGRICOLTURA URBANA E’ LO STRUMENTO PER ASSICURARE ALIMENTI SANI E NUTRIENTI, MEZZI DI SUSSISTENZA SOSTENIBILI E MIGLIORI CONDIZIONI DI SALUTE NEI PAESI POVERI

“Per il 2025 le proiezioni demografiche indicano che più di metà della popolazione dei Paesi in via di sviluppo (3,5 miliardi di persone) vivrà in agglomerati urbani. Per i governanti e gli urbanisti dei Paesi poveri che dovranno confrontarsi con questa sfida, “città più verdi”, concetto in genere associato alla pianificazione urbana dei Paesi più sviluppati, potrebbero rappresentare una possibilità reale per assicurare alimenti sani e nutrienti, mezzi di sussistenza sostenibili e migliori condizioni di salute”. Lo spiega uno studio della Fao, secondo la quale la sfida è far cambiar rotta all’urbanizzazione dalla strada insostenibile intrapresa, promuovendo città più verdi che offrano agli abitanti opportunità, possibilità di scelta e speranza. Vanno in questa direzione, secondo la Fao, le esperienze di orticultura urbana e periurbana. Nell’ultimo decennio, governi di 20 Paesi hanno chiesto l’assistenza della Fao per fornire incentivi, fattori produttivi e formazione agli orticultori urbani a basso reddito. La Fao ha anche fornito attrezzi, sementi e formazione per avviare in più di 30 Paesi migliaia di orti scolastici, un mezzo collaudato per promuovere la nutrizione infantile.
Secondo lo studio, “il progressivo espandersi delle aree urbane per far posto a nuovi edifici ed infrastrutture ogni anno erode preziosa terra agricola, mentre la produzione di cibo fresco viene sempre più spinta verso le aree rurali. I costi del trasporto, dell’imballaggio e della refrigerazione, il cattivo stato delle strade rurali, e le perdite durante gli spostamenti incidono sui prezzi e sono responsabili della minore disponibilità di frutta e verdura sui mercati urbani”.
“Storicamente le città - spiega Shivaji Pandey, direttore della Divisione Fao Produzione vegetale e protezione delle piante - sono sempre state luoghi di opportunità, di occupazione ed in genere di migliori condizioni di vita. Ma in molti Paesi in via di sviluppo, la rapida crescita urbana non è stata indotta dalle opportunità economiche ma dall’alto tasso di natalità e dall’afflusso massiccio di popolazione rurale che cerca di sfuggire a fame, poverta’ ed insicurezza”.
Per la Fao, nel 2020, la proporzione di popolazione urbana che vive in povertà potrebbe raggiungere il 45%, vale a dire 1,4 miliardi di persone. Per quella data, l’85% delle persone povere in America Latina, e circa la metà in Africa ed Asia, saranno concentrate in aree urbane. Questa prospettiva è stata descritta come la nuova “bomba demografica” ed un incubo da gestire e governare: città che si estendono a dismisura, degradate ed impoverite, con un’estesa popolazione vulnerabile, socialmente esclusa, giovane e disoccupata.
Ma coltivare la terra nelle città o nelle periferie non è un’ idea nuova: la cittadella Incas di Machu Pichu, in Perù, comprendeva al suo interno una zona residenziale ed una zona terrazzata per colture intensive. La Fao stima che le persone coinvolte nell’agricoltura urbana siano più di 130 milioni in Africa e 230 milioni in America Latina. Si tratta principalmente di orticoltura, che fornisce cibo per le famiglie e reddito dalla vendita dei prodotti. “L’orticoltura urbana offre una via d’uscita alla povertà”, aggiunge Pandey, menzionando il basso costo iniziale per avviare l’attività, la brevità dei cicli produttivi e l’alta resa per unità di tempo, terra ed acqua impiegati. “Il cibo urbano a buon mercato è spesso di cattiva qualità - prosegue la Fao - con un alto contenuto di grassi e zuccheri, e per questo responsabile dell’accresciuto livello di obesità, e di malattie croniche correlate alla dieta ed al soprappeso come il diabete. Coltivare frutta e verdura - le maggiori fonti naturali di micronutrienti - nelle aree urbane incrementa la disponibilità di prodotti freschi e nutrienti e migliora l’accesso al cibo degli strati più poveri della popolazione”.

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