Nei mercati esteri, soprattutto quelli nuovi per il vino italiano, c’è bisogno di fare promozione, ma anche formazione degli operatori e delle cantine, in maniera permanente e continua. Un’esigenza intercettata dal nuovo corso di “Vinitaly in The World”, tour internazionale di Vinitaly e Verona Fiere (www.vinitalytour.com), che dopo gli Stati Uniti è di scena all’International Wine & Spirits Fair di Hong Kong, e guarda già all’appuntamento di Tokio, in Giappone, il 10/11 dicembre.
Un’esigenza però, che emerge anche dal bilancio del progetto “The next quality experience” (www.professorwine.com), guidato da Unione Italiana Vini, insieme alla fiera veronese, tour di formazione per gli operatori che, dal 2008 a oggi, ha toccato mercati stranieri importanti per il futuro dell’esportazione enologica italiana, come India, Russia e Cina. Con seminari e più di 5.000 degustazioni sensoriali (ovvero facendo prima annusare gli aromi in provetta, e poi facendoli cercare nel calice dei vini degustati), l’obiettivo del progetto era quello di tastare il polso al mercato, ma anche di capire quali linguaggi e codici comunicativi.
“Un bilancio positivo - spiega a WineNews, Fabio Piccoli, giornalista e responsabile della comunicazione del progetto “The next quality experience” - per un’esperienza che ha sicuramente confermato le grandi potenzialità di questi mercati, ma anche le difficoltà e i limiti allo sviluppo, soprattutto in Cina, a partire dalla lingua ma anche dal bassissimo livello di conoscenza di quello che sono l’Italia e i suoi vini”. Difficoltà che per essere superate richiedono un grosso sforzo, soprattutto nell’ottica di un’azione di formazione permanente in questi mercati, che “vanno presidiati costantemente - aggiunge Piccoli - come fanno da 30 anni i francesi. Per esempio, con la creazione di scuole e di uffici permanenti in questi Paesi, che creino e coltivino una cultura del vino italiano che praticamente non esiste”.
Un obiettivo realizzabile solo con l’ovvio, ma rarissimamente realizzato, fare sistema, superando campanilismi e individualismi, anche perché i costi per partire non sono bassi, e il sistema vitivinicolo italiano, fatto per la grandissima maggioranza di piccole e medie cantine, può sostenerli solo condividendo le risorse. “Un compito che sicuramente si devono assumere sia le istituzioni che le cantine, che devono mettersi insieme, avere degli export manager presenti sui mercati e così via”. Insomma, le opportunità ci sono, e sono enormi. Ma bisogna lavorare tantissimo per coglierle, mettendosi in testa che in certi mercati si deve partire praticamente da zero, e si deve essere disponibili a capire le diverse mentalità e i diversi meccanismi, per cercare di vendere prodotti che quasi sempre non sono indispensabili, ma voluttuari.
Federico Pizzinelli
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