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ALLARME ROSSO ALLEVAMENTI SUINI: ADEGUAMENTI DELL’UE COSTERANNO 700 EURO A SUINO. RISCHIO STOP PER 15% DELLE STRUTTURE. RISULTATO? ADDIO AUTOSUFFICIENZA ED EXPORT, MA CONSUMATORE SALVO: NO AUMENTO PREZZI. GLI ESPERTI A EUROCARNE (VERONA 24/27 MAGGIO)

Allarme rosso per gli allevamenti dei suini: gli adeguamenti delle strutture produttive, per Fedagri-Confcooperative, costeranno agli allevatori 700 euro a suino. Rischiano la chiusura il 15% delle strutture italiane. Risultato? A livello europeo addio autosufficienza ed export, ma il consumatore è salvo, niente aumento del prezzo. E l’Anas, l’Associazione nazionale allevatori di suini, lancia l’allarme e chiede una proroga di 36 mesi per l’adeguamento delle porcilaie. Così analisti ed esperti del settore sul tema del benessere animale a “Eurocarne”, il salone internazionale delle tecnologie e prodotti per la lavorazione, conservazione, refrigerazione e distribuzione delle carni, promosso da Veronafiere e Ipack-Ima Spa, di scena a Verona, dal 24 al 27 maggio (www.eurocarne.it).
Il consumatore, per questa volta, potrebbe essere salvo. Nessun rincaro sui prezzi delle carni suine e dei salumi. Eppure, dicono gli esperti, la suinicoltura italiana, in larga parte serbatoio per la salumeria di qualità a marchio Dop, potrebbe subire un ridimensionamento anche del 10-15% nel numero di allevamenti e a farne maggiormente le spese saranno gli allevamenti di suinetti. Da gennaio entreranno in vigore le nuove disposizioni in materia di benessere animale sulla suinicoltura che, Andrea Cristini, allevatore socio di Opas, l’Organizzazione di Produttori Allevatori di Suini, e presidente dell’Anas, commenta lanciando l’allarme: “secondo uno studio olandese - dichiara - a causa di tutti questi provvedimenti legati al benessere e alla Direttiva nitrati, è molto elevata la probabilità che, nel 2014, l’Unione Europea registri per la prima volta un deficit produttivo e dica addio all’autosufficienza e a quel 2-3% di sovrapproduzione che ci ha consentito a livello comunitario di esportare. Un’inversione di rotta che - continua Cristini - aprirebbe la porta a flussi di carne suina dal Brasile, realtà in forte crescita. Per l’Italia, la situazione è ancora più complessa. Chiediamo al Governo italiano di concedere una proroga di 36 mesi a partire dall’1 gennaio 2013 - sottolinea Cristini - in modo da consentire agli allevatori di adeguarsi. Oggi investire è matematicamente impossibile, il mercato dei suini pesanti è fermo a 1,25 euro al chilogrammo, al di sotto dei costi di produzione. Se aggiungiamo le disposizioni dettate dalla Direttiva nitrati è per il settore allarme rosso”.
Le spese per adeguare le strutture di allevamento a quanto ha disposto l’Unione Europea sono state calcolate da Fedagri-Confcooperative Lombardia che individuate un impatto sui produttori di 700 euro per suino allevato. “Come prima valutazione si deve purtroppo riconoscere che arriviamo tardi ad adeguarci alle misure dettate dall’Unione Europea - osserva il professor Gabriele Canali dell’Università Cattolica di Piacenza, direttore del Crefis, Centro Ricerche Filiere Suinicole - altri Paesi, come per esempio la Francia, hanno sostenuto le aziende in modo incisivo e tempestivo a trasformarsi, allineandosi in tempo alle disposizioni di Bruxelles. Dovrà servire al sistema Italia come lezione per il futuro, dal momento che il benessere animale sarà sempre di più al centro dell’attenzione dei policy maker europei. Più che sui costi - continua Gabriele Canali - per i consumatori, il vero problema sarà sui costi della filiera, che non verranno scaricati sull’anello finale, ma comprimeranno il segmento della produzione, con maggiori ripercussioni sugli ingrassatori di suini, già gravati da anni di bilanci aziendali in sofferenza, l’impatto potrebbe essere negativo. Così se non ci saranno aumenti sul costo della carne, a farne le spese saranno gli allevatori”.

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