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COSTI “SUPER” IN CAMPAGNA DEPRIMONO PROSPETTIVE. CIA (SU ISTAT): NEL 2012 AUMENTI DI SPESE DI PRODUZIONE ED ESBORSI PER ASSUNZIONE DI NUOVA MANODOPERA HANNO SCHIACCIATO IMPRESE. POI IMU-MACIGNO E “CREDIT CRUNCH”. IL NUOVO GOVERNO DEVE CAMBIARE ROTTA

Risale il clima di fiducia delle imprese italiane, ma non in agricoltura. Se a gennaio ricomincia a crescere il “sentiment” economico del tessuto industriale del Paese, non si può dire lo stesso delle campagne, dove prevale il pessimismo sul futuro. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, sui dati Istat diffusi oggi. Nel 2012, il settore primario ha perso 17.000 imprese, che sono crollate sotto il peso della crisi, dell’aumento dei costi e dell’assenza di misure di sostegno adeguate - ricorda la Cia - e anche l’anno nuovo si è aperto con prospettive “nere” e giudizi negativi.

Il fatto è che oggi il mondo agricolo - osserva la Cia - è sotto pressione, schiacciato prima di tutto dai rialzi delle spese di produzione, che in un anno sono cresciute il doppio dei prezzi praticati sui campi, vanificando di fatto ogni possibile guadagno. Soltanto i costi per i carburanti sono cresciuti nel 2012 del 4,5%, contro un incremento medio annuo dei prezzi dei prodotti agricoli del 2,1%.

Ma il settore perde forza e vitalità anche per colpa dell’Imu, con un aumento stimato di 130 milioni di euro solo per il gettito dei terreni agricoli - continua la Cia - mentre il “credit crunch” raggiunge livelli insostenibili, con tre aziende su cinque che denunciano difficoltà enormi nell’accesso a finanziamenti e prestiti.

Anche creare nuova occupazione diventa dispendioso per gli imprenditori agricoli: in Italia le aliquote a carico del datore di lavoro per l’assunzione di manodopera sono pari al 35% - evidenzia la Cia - contro il 12% del Regno Unito, il 13% della Francia o il 15,8% della Spagna.

E’ chiaro che tutto questo non aiuta ad avere fiducia nelle prospettive del Paese - conclude la Cia - anzi demoralizza e abbatte. Ecco perché la prossima legislatura dovrà immediatamente affrontare i problemi del settore primario, partendo proprio dalla riduzione delle accise e della pressione fiscale e contributiva a carico delle aziende. D’altra parte, l’agricoltura è un elemento centrale della struttura economica e occupazionale dell’Italia, una garanzia per la tutela del territorio e dell’ecosistema.

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