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LA CRISI “TAGLIA” SPRECHI DELLE FAMIGLIE. IN DUE ANNI, CALANO DEL 25% I VOLUMI DI CIBO CHE FINISCONO NEL BIDONE. UNA FAMIGLIA SU 4 HA CAMBIATO ABITUDINI IN CUCINA, “RESTRINGENDO” LA PATTUMIERA E RICICLANDO GLI AVANZI

Con la crisi gli italiani diventano meno sciuponi e più attenti al riciclo in cucina: negli ultimi due anni hanno ridotto di netto il volume degli sprechi casalinghi, passati dai 100 chili pro capite l’anno del 2011 ai 76 chili di oggi, con un “taglio” del 25% in quantità degli alimenti che finiscono direttamente nella spazzatura. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori.

È una tendenza - spiega la Cia - che va di pari passo con il calo degli acquisti per la tavola da parte di 16 milioni di famiglie italiane, che per effetto delle difficoltà economiche sono costrette a ridurre il budget della spesa e a svuotare il carrello alimentare. Ma è anche il riflesso di una ritrovata capacità di riciclare il cibo non consumato, che porta oggi 5,5 milioni di famiglie (cioè 1 su 4) a fare cucina di recupero con gli avanzi.

Le cifre dello spreco, però, sono ancora troppo alte - ricorda la Cia - soprattutto considerato che nell´ultimo triennio in Italia il numero degli indigenti è cresciuto del 33%. Nonostante la crisi, infatti, ogni famiglia italiana spende in media 500 euro in alimenti che non consumerà, con uno spreco che tocca quasi il 10% della spesa mensile. Complici gli stili di vita frenetici e la scarsa capacità di conservare adeguatamente i cibi, a finire nella pattumiera con più frequenza sono i prodotti freschi come latticini, uova, carne e preparati (39%), il pane (19%), la frutta e la verdura (17%).

Uno scandalo non solo dal punto di vista economico ed etico, ma anche ambientale: non si può ignorare che una sola tonnellata di rifiuti alimentari genera fino a 4,2 tonnellate di Co2. È anche per questo - conclude la Cia - che dobbiamo smettere di considerare lo spreco un rifiuto, valutando di volta in volta se è ancora utilizzabile e come può essere riciclato al meglio.

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