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Nell’effervescente panorama delle birre artigianali, nasce la prima birra alla mela annurca, stagionata in botti usate per affinare il vino Aglianico: si chiama “BirTa” e sarà realizzata nell’area del Taburno, nel Sannio, zona dell’Aglianico Docg

Nell’effervescente panorama delle birre artigianali, nasce la prima birra alla mela annurca, stagionata in botti usate per affinare il vino Aglianico: si chiama “BirTa” e sarà realizzata nell’area del Taburno, nel Sannio, zona famosa per l’Aglianico Docg. La birra alla mela annurca sarà prodotta attraverso una filiera corta: dalla produzione dell’orzo e del luppolo, che in alcune zone del territorio cresce spontaneamente, fino alla trasformazione in birra, ed anche l’acqua utilizzata arriva direttamente dalle sorgenti del Monte Taburno.
Il progetto è stato presentato oggi all’Università Federico II di Napoli e la birra sarà sul mercato dalla seconda metà di settembre, grazie allo sforzo di sei imprese agricole del territorio che hanno partecipato al progetto destinando sei ettari di terreni alla coltivazione dell’orzo e del luppolo, ed all’impegno dell’università di Salerno e dell’Università Federico II di Napoli, che sta mettendo a punto lo sviluppo del protocollo produttivo.
Saranno prodotti quattro tipi diversi di birra, sviluppati impiegando malto base Pilsner, mentre le mele vengono aggiunte in fase di fermentazione come purea. “Sono stati usati due luppoli, con diverso grado di amaro - spiega Vincenzo De Feo, dell’università di Salerno - e due ceppi di lievito “tipo ale”, allo scopo di individuare la combinazione luppolo-lievito ottimale per l’esaltazione dei sentori di mela annurca nel prodotto finito”.
“Con BirTa - spiega Mario Grasso, direttore Cia Campania - c’è innovazione sia per il prodotto che per l’organizzazione del lavoro. Abbiamo lavorato - prosegue - per raggiungere una organizzazione che riesca ad evitare troppi passaggi di mano. Per esempio il modello funziona come se fosse una cantina sociale: viene costituita una cooperativa dove partecipano i produttori che conferiscono il prodotto, c’è poi il trasformatore che lavora il prodotto, la cooperativa si occuperà della vendita. I ricavi verranno divisi e l’agricoltore parteciperà ai dividendi della vendita del prodotto”.

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