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Il “global warming” croce e delizia per l’agricoltura italiana: se mette in difficoltà viticoltura e produzione di olio, apre la strada della frutta esotica (banana e avocado) made in Italy, a partire dalla Sicilia. Così, da Expo, la Coldiretti

Il “global warming” per molti è un problema, soprattutto sul fronte dell’agricoltura. Ma, per qualcuno, può diventare anche un’opportunità. Perché se da un lato è vero che in Italia, per esempio, è una difficoltà con cui devono fare i conti soprattutto viticoltori e produttori di olio, l’aumento delle temperature ha aperto nuovi scenari per la produzione di frutta esotica “made in Italy”. “Per il cambiamento climatico per la prima volta si è iniziato a produrre in Italia frutta esotica, dalle banane all’avocado, mentre negli ultimi 30 anni il vino italiano è aumentato di un grado ma si è verificato nel tempo anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’ulivo che è arrivato sulle Alpi”. A dirlo una analisi della Coldiretti che, con l’arrivo del caldo, ha messo in mostra dal vivo i nuovi frutti made in Italy del cambiamento climatico ad Expo nel padiglione della Coldiretti “No farmers no party”.
“Che l’Italia abbia la febbre - si legge in una nota - è confermato dalla tendenza al surriscaldamento con ben nove dei dieci anni più caldi della storia che sono successivi al 2000. Dopo il 2014 che è stato il più bollente di sempre nella top ten degli ultimi 210 anni ci sono - precisa la Coldiretti -2003, 2007, 2012, 2001, poi il 1994, 2009, 2011, 2000 e 2008, sulla base dei dati Isac Cnr”.
Secondo l’analisi della Coldiretti, “non solo il vino italiano è aumentato di un grado ma il surriscaldamento ha determinato un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre, smentendo quindi - sottolinea la Coldiretti - il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel Comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop. Si è verificato nel tempo - continua la Coldiretti - anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi. È in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30.000 metri quadrati di terreno”.
“Nella Pianura Padana si coltiva oggi la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Una situazione che - rileva la Coldiretti - ha avuto effetti straordinari in Sicilia dove Andrea Passanisi ha trasformato in opportunità il clima ormai torrido, coltivando i primi avocado made in Italy, frutto tipicamente tropicale, a Giarre ai piedi dell’Etna. A Palermo, invece, grazie al microclima e alla posizione soleggiata, Letizia Marcenò, che ha sempre voluto puntare sulla diversificazione aziendale, riesce addirittura produrre le prime banane nostrane”.
Gli effetti del cambiamento climatico, poi, non si fermano ai prodotti dell’agricoltura, ma si estendono anche ai prodotti tipici. “Il riscaldamento provoca infatti anche il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi – aggiunge Coldiretti o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani. Una sfida che mette alla prova la capacità dell’agricoltura di trovare l’innovazione nella tradizione, cercando di ottenere il meglio dai mutamenti economici e climatici. L’Expo - conclude la Coldiretti - serve anche raccontare la terra che cambia e come l’uomo cerca di adattarsi con i cambiamenti climatici che sono uno degli aspetti centrali della Carta di Milano”.

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