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Dalla fine delle quote latte chiuse 1.500 stalle. A rischio 120.000 posti di lavoro solo negli allevamenti. Lo dice la Coldiretti: Focus: quote latte, tonnellate di latte da buttare con disdetta contratti

Dalla fine delle quote latte lo scorso anno hanno chiuso in Italia almeno 1.500 stalle da latte, la maggioranza in montagna, per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame, su valori di ben quindici anni fa. Emerge dal dossier Coldiretti “Quote latte: un anno dopo” presentato alla mobilitazione di migliaia di allevatori che sono scesi in piazza con mucche e trattori, ad un anno dalla fine delle quote latte e di fronte a un crisi senza precedenti, a Udine in Friuli, la porta di ingresso in Italia di centinaia di milioni di chili di latte stranieri, anche come trasformati e semilavorati industriali, che vengono spacciati con l’inganno come Made in Italy.
Il prezzo del latte alla stalla - sottolinea la Coldiretti - sta letteralmente crollando da 0,44 euro al litro nel marzo 2014 a 0,37 nel marzo 2015 ed è ora mediamente di 0,33, con punte fino a 0,30 euro in Friuli Venezia Giulia, dove si registrano le quotazioni più basse d’Italia proprio per la pressione delle importazioni di bassa qualità. Si tratta di valori che - denuncia la Coldiretti - non consentono neanche di garantire l’alimentazione degli animali e che spingono le aziende alla chiusura mettendo a rischio il lavoro, gli animali, le stalle, i prati ed i pascoli custoditi da generazioni.
La vita o la morte di molte stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende - sostiene la Coldiretti - da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione pari a 38-41 centesimi e i compensi attualmente riconosciuti. Per effetto di questi pochi centesimi le stalle presenti in Italia dopo la fine delle quote latte sono scese al minimo storico di meno di 33mila unità, rispetto alle 180mila attive nel 1984 all’inizio del sistema delle quote, con il rischio concreto che di questo passo nel giro di qualche anno la nostra montagna verrà spopolata dalla indispensabile presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio economico delle aree più sensibili del Paese.
“Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, afferma il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “in pericolo c’è un patrimonio culturale, ambientale ed economico del Paese. La Coldiretti è impegnata in un piano salva stalle per fare in modo che neanche un litro di latte venga gettato” conclude Moncalvo nel sottolineare che “a rischio ci sono i 120.000 posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che è per metà destinato ai 49 formaggi italiani a Denominazione di origine Protetta (Dop), un primato a livello europeo”.

Focus - Quote latte, tonnellate di latte da buttare con disdetta contratti: dice Coldiretti
Tonnellate di latte da buttare perché sono stati disdetti i contratti e non viene più ritirato dalle stalle, dove bisogna però continuare a mungere per non far soffrire gli animali. Lo ha denunciato il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo, alla mobilitazione di migliaia di allevatori che sono oggi scesi in piazza con mucche e trattori ad un anno dalla fine delle quote latte che coincide con la scadenza della stragrande maggioranza dei contratti all’inizio di aprile, che ha provocato il crollo dei prezzi riconosciuti agli allevatori, ma anche il mancato ritiro del latte.
Non è più in vigore l’accordo sul prezzo del latte e si tagliano in modo unilaterale i compensi agli allevatori sotto il ricatto - sottolinea la Coldiretti - di non accettare la consegna di un prodotto deperibile come il latte. Il fatto che il latte italiano venga rifiutato - continua la Coldiretti - dimostra quanto sia strumentale la posizione di quanti sostengono che il latte straniero è necessario per soddisfare la domanda nazionale.
La realtà - denuncia la Coldiretti - è che si punta a far chiudere le stalle per giustificare l’aumento delle importazioni di semilavorati di provenienza straniera a basso costo e scarsa qualità per sostituire il latte italiano. Una speculazione - spiega la Coldiretti - divenuta ancor più conveniente a seguito dell’embargo russo ai prodotti lattiero caseari europei che, dovendo trovare nuovi sbocchi, stanno invadendo il mercato italiano.
“Il settore agricolo è stato vittima di scelte di politica generale assunte senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale e ambientale sui nostri territori”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare anche “i danni provocati all’esportazione dei formaggi italiani più tipici come il Grana Padano che era in forte espansione sul mercato russo ed ora è stato sostituito da dubbie imitazioni soprattutto della Bielorussia, che rappresentano un grosso danno d’immagine al nostro Paese e alle sue produzioni tradizionali”. “Ma la commissione Europea ha anche letteralmente sbagliato tutte le analisi e previsioni relativamente al futuro del settore lattiero dopo la fine delle quote, non prevedendo un aumento così repentino delle produzioni soprattutto del nord Europa”, ha denunciato Moncalvo nel ricordare che “la produzione europea del latte sta così esplodendo in alcuni Stati come Irlanda o Olanda che dopo la fine delle quote latte fanno registrare incrementi a due cifre della produzione, mentre in Italia si stimano aumenti del 3 al 4%”.
“E adesso sulla crisi degli allevamenti l’Unione Europea si comporta come Ponzio Pilato e scarica le responsabilità sugli Stati Membri”, ha concluso Moncalvo nel denunciare “la mancanza di risposte strutturali di fronte a evidenti squilibri di filiera”.

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