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Dopo anni di indagini, archivi consultati, libri analizzati, interviste con testimoni, Clara & Gigi Padovani hanno le prove: il tiramisù non è nato a Treviso, ma in Friuli e gli hanno dedicato un volume per Giunti Editore. Ma il Veneto non ci sta ...

Non Solo Vino
Diatriba sulle origini del Tiramisù, dolce più celebre al mondo: nato in Veneto o in Friuli?

Ci sono voluti due anni di indagini, archivi consultati, libri analizzati, interviste con i testimoni per venirne a capo. Ma ora Clara e Gigi Padovani, la coppia di penne più famosa del wine & food, hanno le prove: il tiramisù, il dessert italiano più amato nel mondo, non è nato a Treviso nel 1970, come inizialmente credevano anche loro, bensì in Friuli Venezia Giulia, tra Pieris di San Canzian d’Isonzo (Gorizia) e Tolmezzo (Udine). A rivelarlo è il loro ultimo volume, edito da Giunti Editore, “Tiramisù. Storia, curiosità, interpretazioni del dolce italiano più amato”, in libreria dal 18 maggio, ma che domani in anteprima sarà al centro del dibattito “Tiriamocela un po’ su” a Casa CookBook al Salone Internazionale del Libro di Torino al Lingotto Fiere. E che dibattito. Già si preannuncia rovente, visto che dopo l’annuncio della scoperta della nuova paternità della celebre delizia al cucchiaio che in pochi decenni ha conquistato il pianeta, subito, con una nota, sono arrivate le parole del presidente della Regione Veneto Luca Zaia: “La sua trevigianità non si tocca. Se altri hanno copiato hanno fatto bene perchè è il più buono”.

“Dopo aver letto il libro - sottolineano Clara e Gigi Padovani - nessuno potrà più scrivere, senza rischiare il ridicolo, che il tiramisù piaceva a Cavour o che l’ha degustato Pellegrino Artusi o addirittura che fu preparato per non so quale Granduca di Toscana. Quando noi scriviamo sulla storia del cibo, vi dedichiamo la serietà che merita (e che purtroppo non va di moda)”.

In “Tiramisù. Storia, curiosità, interpretazioni del dolce italiano più amato” (Giunti Editore, 160 pagine, prezzo di copertina 18 euro; per “un video-assaggino” aspettando l’arrivo in libreria: www.mytiramisu.it) sono pubblicate per la prima volta le quattro ricette originali, create tra il 1935 (addirittura) e il 1970, così da poterle provarle anche a casa. Seguono 16 “diversamente tiramisù” preparati da Clara Padovani con la sua creatività e con ingredienti e modalità di vari Paesi, dalla Cina al Marocco, dallo Yemen all’Australia, dalla Romania alla Francia, accanto a
23 straordinarie variazioni sul tema di altrettanti grandi chef, di un pasticcere, di un cioccolatiere e di un gelatiere. Anche domani, al Salone del Libro di Torino, insieme agli autori ci saranno Anna Vadalà con il suo tiramisù “Up”, e il cioccolatiere Guido Castagna che presenterà la ricetta pubblicata nel volume (seguirà un tour degli autori in Friuli, tra Trieste, Monfalcone, Villesse, dal 18 al 20 maggio, con Flavia Cosolo figlia dello chef Mario, creatore dello storico Tirimesù coppa Vetturino).

Ma sulla paternità del tiramisù, del quale si sono occupati persino il Guardian e il Daily Telegraph, il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, non vuole sentire eresie: è trevigiano. “Sulla paternità del Tiramisù possono anche scrivere che l’hanno inventato in Bulgaria - chiarisce Zaia - ma la realtà storica, documentata e certificata persino con un atto notarile depositato dall’Accademia della Cucina, è scolpita nella pietra: lo ha inventato, all’inizio degli anni Settanta, del secolo scorso, Ada Campeol, con l’aiuto del cuoco Paolo “Loli” Linguanotto, nel suo ristorante Alle Beccherie di Treviso, in quella culla della gastronomia tipica che si chiama Veneto. Non è la prima volta che si tenta di “scippare” a Treviso questa eccellenza - aggiunge - in tutti i settori il meglio viene “clonato”, dalla Ferrari, ai grandi vini, alle grandi firme della moda. Il libro in questione - prosegue - raccoglie anche la bellezza di 23 “variazioni sul tema”: dimostrazione lampante che si sta parlando d’altro, perché il dolce a cucchiaio più famoso del mondo è uno e solo uno, quello della Ada delle Beccherie di Treviso. Gli altri, friulani, milanesi, siciliani, francesi, tedeschi o altro saranno magari buoni, ma sono un’altra cosa. All’epoca della sua creazione, quando ancora il nuovo dolce si chiamava alla veneta “Tiramesù”, nessuno aveva pensato a depositare il nuovo marchio: non si usava”. Una posizione ferma quella di Zaia anche “per riaffermare una verità storica e direi culturale, ma anche per ricordare che è grazie alle tante invenzioni più sagge che segrete, dove il primo ingrediente è la passione e il secondo è il buon gusto, che l’enogastronomia veneta si è fatta strada tra le migliori dei cinque continenti e collabora al successo turistico del Veneto”.

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