Quasi 10.000. Tanti erano, oggi in piazza a Verona, gli agricoltori e allevatori che hanno risposto alla chiamata di Coldiretti per protestare sia contro l’embargo russo, che compie oggi i due anni, che contro le possibili conseguenze sul “made in Italy” agroalimentare della Brexit.
Il Veneto è stato scelto come luogo fisico della manifestazione perché è la regione più duramente colpita dalla situazione russa, e gli agricoltori hanno anche portato in piazza i prodotti rimasti invenduti, dalle mele ai kiwi fino alle pesche, ma anche i formaggi e i prosciutti, “per denunciare - afferma Coldiretti - un braccio di ferro insensato e autolesionistico. Una scelta suicida che l’Unione Europea e l’Italia non possono permettersi dopo il voto sulla Brexit con la svalutazione della sterlina inglese che rischia di mettere in crisi i rapporti commerciali con la Gran Bretagna, che è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari made in Italy”. Sono stati anche esposti i surrogati “autarchici” del made in Italy vero, come il “Russkiy Parmesan”, ma anche il salame Milano o la mozzarella made in Russia, che sugli scaffali dei supermercati del paese asiatico hanno preso il posto dei cibi italiani originali.
Oltre al Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, alla manifestazione hanno partecipato anche il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia e i maggiori operatori economici dell’agroalimentare coinvolti nell’interscambio commerciale con la Russia. E anche se Coldiretti sta cercando di porre rimedio alla situazione, rispondendo alla crescente domanda di prodotti agroalimentari italiani in Russia con un potenziamento dell’industria alimentare locale, sia casearia che della carne e dei salumi, la situazione è, comprensibilmente, tutt’altro che rosea - e ben al di là dal risolversi positivamente. “Come spesso accade - ha dichiarato Moncalvo - la guerra e le sue conseguenze uccidono il commercio buono e fanno proliferare quello cattivo, e c’è il rischio che per l’export agroalimentare made in Italy nel Paese di Putin si possa giungere ad un punto di non ritorno. Il rischio è che una volta perso lo spazio sugli scaffali sarà difficile recuperarlo, perché i rapporti commerciali si consolidano e i consumatori russi potrebbero fare scelte patriottiche”.
Il Ministro Martina ha sottolineato che quello dell’export verso la Russia è “un problema con cui ci stiamo confrontando da tempo”, e che “naturalmente s’inserisce in un contesto delicato sul piano europeo internazionale. La cosa importante che qui voglio sottolineare - ha spiegato - e su cui lavoriamo con determinazione è che chiediamo all’Europa una serie di azioni più concrete. La madre di tutte le battaglie per noi è la gestione delle crisi di mercato in ambito europeo a partire da alcuni settori, come latte, carne e ortofrutta”. Puntualizzando poi che “ci sono scelte di ambito internazionale di cui l’Europa è protagonista, che noi non possiamo mettere in discussione in ragione della delicatezza del problema di politica estera che si sta affrontando su questo versante”. Dopo aver sottolineato il ruolo di mediazione che l’Italia sta cercando di ritagliarsi nella controversia tra Unione Europea e Russia conseguente all’annessione della Crimea, il Ministro Martina ha spiegato che “le esperienze agroalimentari italiane che riescono ad intercettare il mercato russo sono esperienze che si consolidano. L’importante - ha aggiunto - è tenere la barra dritta rispetto alla difesa del vero made in Italy agroalimentare che deve essere portato anche in quei mercati per come è. Quindi al massimo, quindi l’originale. Questo è il punto fondamentale”. Riguardo poi i possibili rischi derivanti dall’uscita del Regno Unito dal mercato unico europeo per il made in Italy agroalimentare, Martina è stato decisamente tranquillizzante: “Adesso non esageriamo: ogni cosa a suo tempo”.
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