La lunga eredità del biologo americano Ancel Keys, moderno “padre” della dieta mediterranea - o, per meglio dire, suo riscopritore contemporaneo - si arricchisce, grazie a uno studio dell’ente di ricerca sull’agroalimentare Crea, di una nuova medaglia al valore; oltre ad effetti positivi sulla salute di chi la pratica, infatti, secondo lo studio coloro che aderiscono strettamente ai dettami della dieta mediterranea, a parità di apporto calorico, fanno risparmiare il 25% di acqua a chi produce i loro alimenti.
Lo studio, firmato da Lorenza Mistura, Francisco Javier Comendador, Aida Turrini e Marika Ferrari ed intitolato “Low versus high adherence to the Mediterranean diet in the Italian food consumption: a case study on water footprint implication”, prende il via dall’Indagine Nazionale sui Consumi Alimentari in Italia (Inran Scai 2005-2006), per poi selezionare i dati relativi alla dieta realmente seguita per 3 giorni da 2.317 adulti italiani. Inoltre, è stata misurata la “mediterraneità” del campione, ed è risultato che il 68% segue, chi più chi meno, la dieta mediterranea, mentre non vi aderisce il 32%. Infine, i ricercatori Crea hanno calcolato che per un regime alimentare con la più bassa aderenza alla dieta, pari a 1.867 grammi di cibo consumato al giorno per persona, ed equivalente a 2.100 kilocalorie, si ha un utilizzo di acqua pari a 4.327 litri, mentre al crescere dell’aderenza i valori diminuiscono, fino a raggiungere il massimo grado, pari a 2.438 grammi di cibo consumato al giorno per persona (2.263 kilocalorie), e un consumo di acqua di appena 3.243 litri.
Lo studio, presentato nella “World Conference on the Mediterranean Diet” n. 1 a Milano, è stato classificato dal Comitato scientifico internazionale dell’evento come uno dei tre migliori abstract tra quelli sottoposti, ed è stato inserito nella sessione “Winning abstracts - Best Communications”.
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