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Fonte Ansa - Comincia presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea la causa per il mancato recupero da parte dell’Italia del “prelievo supplementare” dai produttori nostrani per le “quote latte”: contestati 1,343 miliardi di euro

Prende il via alla Corte di giustizia dell’Unione la causa della Commissione Ue contro l’Italia per il mancato recupero del prelievo supplementare dai produttori per le quote latte. La Commissione ha proposto alla Corte un ricorso contro l’Italia per inadempimento, per non aver assolto adeguatamente al proprio compito di gestione del recupero dei prelievi per la sovrapproduzione di latte. Bruxelles stima che restino ancora da recuperare 1,343 miliardi di euro dai produttori.

Ogni anno, dal 1995 al 2009, l’Italia ha superato la quota nazionale e lo Stato ha versato alla Commissione gli importi del prelievo supplementare dovuti per il periodo in questione (2,305 miliardi di euro).
Tuttavia, nonostante le ripetute richieste della Commissione, le autorità italiane non avrebbero preso misure opportune per recuperare il prelievo dovuto dai produttori e caseifici, creando distorsioni della concorrenza.
La Commissione stima che, dell’importo complessivo di 2,305 miliardi di euro, 1,752 miliardi di euro non siano ancora stati rimborsati dai singoli produttori che hanno materialmente commesso le violazioni. Parte di questo importo sembra considerato perso o rientra in un piano a tappe di 14 anni, ma la Commissione stima che restino ancora da recuperare dai produttori ben 1,343 miliardi di euro.
Nelle procedure di infrazione dell’Ue, il deferimento alla Corte di Giustizia costituisce la terza e ultima fase della procedura. La Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora su questo caso nel giugno 2013 e un parere motivato nel luglio 2014. Dato che, secondo la Commissione Ue, l’Italia non ha mostrato alcun progresso significativo nel recupero, il caso è ora deferito alla Corte di giustizia. Se la Corte dovesse accertare l’inadempimento dell’Italia, quest’ultima si dovrà uniformare alla sentenza della Corte, esponendosi, in caso di inottemperanza, al rischio di una condanna al pagamento di penali.

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