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“Ripresa? Quella agricola è piuttosto una “ripresina”. Le aziende stanno solo recuperando le forti perdite di valore aggiunto degli ultimi anni”. A dirlo Confagricoltura, che sottolinea lo stato di deflazione che non risparmia il settore primario

“Ripresa? Quella agricola è piuttosto una “ripresina”. Le aziende stanno solo recuperando le forti perdite di valore aggiunto degli ultimi anni. Lo stato di deflazione non ha risparmiato il settore primario. L’incremento del valore aggiunto agricolo (+3,8% nel 2015 sul 2014 e +1,3% nel primo semestre 2016 secondo i dati Istat rielaborati dal Centro Studi della Confagricoltura), così come dell’occupazione (+6,5% nel secondo trimestre 2016 i dati Ismea e +4,7% nel primo semestre secondo i dati Istat del Centro Studi Confagricoltura) sono segnali importanti, ma che vanno inquadrati nella loro giusta dimensione”. Lo sottolinea, in una nota, Confagricoltura.

Le imprese agricole stanno recuperando le perdite rilevanti subite in passato e nel 2015 il settore primario, praticamente, si trova ancora ai livelli di quattro anni prima; nonostante ciò c’è da registrare che le imprese tornano ad occupare e, timidamente, anche ad investire (gli investimenti nel 2015 segnano +0,6% dopo il forte calo del 2014 di -6,1%).

Il settore primario di fatto vive, come tutta l’economia, una situazione di deflazione. Certo, in base ai dati Ismea, ad agosto i prezzi agricoli sono migliorati rispetto a luglio (+2,8%), ma sono inferiori in media del 3,2% rispetto ad agosto 2015 e restano in calo in molti comparti (tra gli altri, -28% l’olio di oliva, -19% i cereali, -21% gli avicoli). Situazione aggravata dai continui ritocchi in diminuzione dei listini della Gdo nei confronti delle aziende fornitrici dei prodotti agricoli e dalla scarsa propensione a riprendere i consumi da parte delle famiglie.

Sono importanti le potenzialità occupazionali del settore agricolo che però non vanno mortificate da provvedimenti legislativi diretti ad introdurre appesantimenti economici e burocratici o, addirittura, una sorta di criminalizzazione del settore.

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