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“Vino e cucina fanno parte del costume italiano, sono cresciuti tantissimo, e non potevano mancare in un testo che parla dell’evoluzione del costume in Italia, in ogni campo”: così a WineNews Bruno Vespa, sul suo ultimo libro “C’eravamo tanto amati”

Non Solo Vino
Ecco l’ultimo libro di Bruneo Vespa, “C’eravamo tanto amati - Amore, politica, riti e miti. Una storia del costume italiano”, edito da Mondadori e RaiEri

“Vino e cucina fanno parte del costume italiano, sono cresciuti tantissimo, specialmente negli ultimi decenni, e non potevano mancare da un libro che parla dell’evoluzione del costume in Italia, in ogni campo”: così, a WineNews, Bruno Vespa, il più celebre anchorman del Belpaese e produttori con la sua azienda pugliese “Futura14”, spiega perchè, nel suo ultimo libro “C’eravamo tanto amati - Amore, politica, riti e miti. Una storia del costume italiano”, edito da Mondadori e RaiEri, ha voluto inseriere due capitoli dedicati al cibo e al vino del Belpaese.
“La cucina italiana si è completamente trasformata, come il vino. Io ho parlato con molti degli chef più importanti e di lungo corso ad alti livelli, e Gualtiero Marchesi, per esempio - dice il giornalista - mi ha raccontato come negli anni Sessanta la gente andava al ristorante perché voleva mangiare tanto, più che bene”. Un concetto assai distante da quello della ristorazione moderna di qualità. “Ma Marchesi - spiega Vespa - era anche l’unico che, nel 1961, aveva in lista 241 vini. C’era un’altra considerazione del vino. Poi tutto è cambiato dopo il metanolo, nel 1986”. E questo cambiamento, questa rinascita del vino italiano scaturito da quella tragedia, Vespa se lo è fatto raccontare da alcuni testimonial d’eccezione.
Uno è Riccardo Cotarella, che proprio in quegli anni con il fratello Renzo metteva in piedi la sua azienda (Falesco, ndr) e nel frattempo ci si chiedeva se avesse ancora senso fare vino in Italia. Ricordo che tra il 1986 ed il 1987 fui invitato ad Asti da Vittorio Vallarino Gancia e Giovanni Giuseppe Goria, e molti grandi produttori di Barolo si chiedevano cosa avrebbero fatto da grandi. E da lì invece è rinato il vino italiano”. Ma Vespa ha ascoltato anche Giorgio Pinchiorri, uno dei grandi della cultura enologica del Belpaese, con la sua monumentale Enoteca Pinchiorri: “Giorgio mi ha raccontato di come è cambiato il gusto negli ultimi 30 anni, si tra i consumatori italiani che tra quelli stranieri. Prima si bevevano solo poche cose, ora invece la gente è informatissima e non si ferma a un vino, si provano tanti diversi al bicchiere, e si cerca un’esperienza, non si beve solo per accompagnare un pasto”. Certo, chi meglio di Bruno Vespa per parlare del rapporto tra cibo, vino e tv?
“Porta a Porta ha 21 anni, io fui il primo a portare la Michelin che dava in diretta le 2-3 stelle ai ristoranti. Ma nel libro parlo anche di Lidia Bastianich, tra le prime a portare cibo e vino in tv in assoluto, anche in Usa, anche Antonella Clerici. Da rarità che erano, oggi le trasmissioni sul tema non si contano più. Oggi la gente è molto informata, perché, come dice la Clerici, vuole saper fare, imparare le cose semplici. Ci sono le trasmissioni dove si fa spettacolo del cibo, dove si fanno cose difficili, ma si guardano anche le “trasmissioni popolari”, che hanno successo perché la gente impara a fare le cose che può fare”.


Certo, è un fatto che si parla molto, molto di più di cucina e grandi chef che di vino. “Il motivo è molto semplice: il cibo “non ha nome”, quando si parla di cucina. Mentre se parlo di vino - dice Vespa - devo coprire le etichette perchè non possiamo fare pubblicità”. Però, quando si parla di moda italiana, per esempio, e dei suoi successi nel mondo, i marchi si citano eccome. Perché questo diverso trattamento? “Obiezione, però, nella moda si citano le grandi marche, mentre quando si parla di vino no?
“È una buona domanda - scherza Vespa - faremo il possibile per recuperare”.

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