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“Liberare gli investimenti pubblici per accompagnare concretamente quei settori che possono contribuire a creare nuova occupazione, come l’agroalimentare”: il senatore Dario Stefàno, capogruppo in Commissione Agricoltura, commenta il Def

Il Def, il Documento di Economia e Finanza, è in questi giorni in Parlamento in attesa della sua approvazione da parte del Governo. Il Presidente del Consiglio Gentiloni ha, a più riprese, espresso il suo intento di incentrare il piano della politica economica e la derivata legge di bilancio sulla ripresa delle periferie e del Sud Italia. Il senatore Dario Stefàno, capogruppo in Commissione Agricoltura, ha commentato affermando che “non deve restare un libro dei sogni, né deve essere una mera fotografia delle entrate e delle spese dello Stato, ma deve rappresentare il primo punto di caduta degli impegni assunti dal Governo Gentiloni che ha, pubblicamente e a più riprese, asserito di voler rimettere il Mezzogiorno al centro della sua programmazione”, aggiungendo anche che “è arrivato il momento di abbandonare l’approccio esclusivamente incentrato su spending review e rigore nei conti. Se vogliamo rilanciare davvero il Paese e renderlo competitivo, dobbiamo liberare gli investimenti pubblici, soprattutto per infrastrutturare il Sud e per accompagnare concretamente quei settori che possono contribuire a creare nuova occupazione, come per esempio l’agroalimentare, nell’ottica di uno sviluppo che sia sostenibile anche dal punto di vista ambientale”.
Secondo il senatore Stefàno servono quindi “investimenti pubblici, per aumentare anche la capacità occupazionale del Paese: nonostante i proclami, dal 2007 ad oggi, i dati sugli occupati in Italia sono rimasti invariati. Abbiamo una necessità impellente che è quella di creare nuova occupazione e lo possiamo fare, per esempio, scommettendo con coraggio sulle potenzialità dell’agroalimentare per irrobustire le già straordinarie performance delle aziende del settore che, da sole, hanno un Pil che corre 6 volte più veloce del dato nazionale e un export che vale 38 miliardi di euro. Abbiamo bisogno di correre tanto perché, nonostante l’Fmi abbia, di recente, rivisto leggermente al rialzo il dato relativo alla crescita del Pil nel 2017, siamo ancora alla metà della media dei Paesi dell’eurozona. Per correre - conclude Stefàno - servono gambe: occorrono misure anticicliche per assicurare progresso e sviluppo alle periferie del Paese e alle aree del Mezzogiorno, troppo spesso assoggettate a una logica dell’ingiustizia che esiste da tempo e ancora oggi non permette all’Italia di giocare la partita più importante con la rosa al completo”.

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