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Torna “Abbiamo riso per una cosa seria”, che sostiene l’agricoltura familiare in risposta alla fame nel mondo. Il 6 e 7 maggio, nelle piazze d’Italia, si distribuiranno pacchi di riso italiano per sostenere la campagna nazionale Focsiv e Coldiretti

Contadini italiani e del resto del mondo insieme ai consumatori uniti per difendere chi lavora la terra, contro il suo abbandono, il caporalato e la schiavitù di chi sottopaga i prodotti agricoli e il lavoro nei campi: una filiera di persone per sostenere le piccole comunità rurali, richiedere politiche adeguate, promuovere il valore dell’agricoltura familiare come risposta alla crisi globale, ai cambiamenti climatici, alle migrazioni. L’edizione n. 15 della campagna “Abbiamo riso per una cosa seria” a favore dell’agricoltura familiare in Italia e nel mondo, torna nelle piazze italiane con il tradizionale pacco di riso il 6 e 7 maggio. L’iniziativa, promossa da Focsiv - Volontari nel Mondo, insieme a Coldiretti e Campagna Amica, si avvale, anche per questa edizione, del Patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e della diffusione nei Centri Missionari Diocesani della Cei.
15 anni fa Focsiv scelse il riso, alimento tra i più consumati al mondo, in particolare tra i più poveri, come simbolo della Campagna “Abbiamo riso per una cosa seria” (www.abbiamorisoperunacosaseria.it). Oggi è un grande movimento che vede il 6 e 7 maggio in 1000 piazze, parrocchie e mercati di Campagna Amica oltre 4000 volontari offrire pacchi di riso 100% italiano della Filiera degli Agricoltori Italiani, per una donazione minima di 5 euro. Inoltre, fino all’8 maggio, si potrà sostenere telefonicamente un unico grande progetto in Italia e oltre, come i 41 interventi dei Soci Focsiv di agricoltura familiare nel mondo, che favoriranno 119.543 famiglie di contadini.
“Una grande forza, contadini e consumatori, uniti dalla Campagna per difendere in Italia e nel mondo chi lavora la terra e per garantire il diritto al cibo a partire dai più vulnerabili. Il nostro è un grande movimento - ha dichiarato Gianfranco Cattai, presidente Focsiv - rappresentato dai milioni di chicchi di riso offerti dai nostri volontari i primi giorni di maggio, che ribadisce come nessuno di noi sia disposto a delegare alcuno per ciò che ci riguarda più da vicino: il liberarci dalla schiavitù dei prezzi imposti dalle multinazionali dell’agroalimentare, dal fenomeno del caporalato, dai condizionamenti dell’agribusiness, dai cambiamenti climatici e dalle cause che portano all’emigrazione di milioni di persone. Ben consapevoli che solo dall’agricoltura familiare si può avere una risposta alla fame, al bisogno di lavoro e allo sviluppo umano secondo una visione più equa e più giusta di democrazia alimentare e di ecologia integrale”.
L’intervento italiano, in particolare, vuole mettere in evidenza come oggi i lavoratori stranieri siano una parte determinante per la crescita del settore agricolo nel nostro Paese, tanto da contarne, secondo i dati della Coldiretti, oltre 300.000 impiegati con un regolare contratto in agricoltura.
“Dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero - ha affermato il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo - non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, a partire da quella sul caporalato. Questi appena elencati sono solo alcuni dei prodotti stranieri che sono spesso il frutto di un “caporalato invisibile” che passa inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura circa 100 milioni di bambini, di operai sottopagati e sottoposti a rischi per la salute, di detenuti o addirittura di veri e propri moderni “schiavi”. Non è accettabile che alle importazioni sia consentito aggirare le norme previste in Italia dalla Legge nazionale sul caporalato ed è necessario, invece, garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale e a tutela della dignità dei lavoratori in ogni angolo del Pianeta”.
Sono ancora 800 milioni le persone che soffrono la fame e l’estrema povertà nel mondo. L’agricoltura familiare è una risposta, a livello locale, a questa grave situazione, in grado di garantire una distribuzione più equa delle risorse, salvaguardare i territori e migliorare la vita delle comunità. Un modello capace di coniugare diritto al cibo e dignità dell’uomo, in grado di restituire il diritto di produrre, prima di tutto, gli alimenti necessari al proprio sostentamento e poi ad avviare un processo di economia territoriale. In Italia questo è un sistema vincente, costruito sull’attenzione alle persone, che trova le proprie radici nella storia agricola italiana, consentendo a molti di lavorare nelle campagne, privilegiando le culture locali, salvaguardando le biodiversità ed i territori senza cedere alle grandi produzioni indifferenziate lontane dal nostro Paese.
“Abbiamo lavorato per contrastare i fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento dei campi, dell’infiltrazione della criminalità in ogni fase della filiera - ha ribadito Andrea Olivero Vice Ministro Ministero delle Politiche Agricole - con la convinzione che l’agricoltura possa essere il traino dello sviluppo sostenibile e che la qualità del lavoro diventi sempre più sinonimo di qualità del sistema agroalimentare. Ma il contrasto da solo non basta: per questo apprezzo molto chi unisce le forze per dare risposte di accoglienza e di legalità ai lavoratori. Confiscare senza indugio il patrimonio di chi sfrutta i lavoratori in agricoltura è un’arma in più e oggi, in Italia, è possibile grazie all’approvazione della legge contro il caporalato, che fornisce gli strumenti adeguati per contrastare la vergogna del fenomeno e rappresenta per il nostro Paese un esempio tangibile dell’impegno del Governo, oltre ad un importante traguardo di civiltà”.

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