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No ad una visione falsamente iper-igienista, che genera diffidenze e lacci burocratici che frenano la vera biodiversità: Carlin Petrini, guida di Slow Food, presenta “Cheese”, edizione dei 20 anni dedicata al latte crudo (15-18 settembre, a Bra)

Non Solo Vino
Carlo Petrini presenta Cheese, e la sfida del latte crudo

No ad una visione falsamente iper-igienista, che genera troppe diffidenze e lacci legali burocratici che, di fatto, frenano la vera biodiversità: ecco, in sintesi, una delle riflessioni del fondatore e presidente di Slow Food Carlo Petrini, nella presentazione di “Cheese”, edizione n. 20 della più importante kermesse dedicata ai formaggi d’Italia e del mondo, di scena a Bra dal 15 al 28 settembre (http://cheese.slowfood.it), che quest’anno punterà i riflettori sulla sfida del latte crudo, e per la prima volta l’appuntamento ospita solo ed esclusivamente formaggi prodotti con latte non soggetto a pastorizzazione. Una sfida che è “ancora tutta da vincere”, dice ancora Petrini, che ricorda come Cheese abbia in questi anni portato alla ribalta le produzioni casearie d’eccellenza e attirato l’attenzione sulle difficoltà quotidiane dei pastori e casari che le difendono in tantissimi territori. È motivo d’orgoglio, ad esempio, ricordare come l’approccio di Slow Food abbia contribuito a mutare la produzione lattiero-casearia negli Stati Uniti d’America, Paese al centro di questa undicesima edizione: “vent’anni fa non esistevano formaggi a latte crudo. Oggi, anche grazie a Cheese, stanno poco alla volta conquistando fette di mercato sempre più importanti. Sono “figli” di Cheese quelle decine di produttori lattiero-caseari che oggi esprimono tutta la bellezza dei territori e della loro diversità, dal Vermont fino alla California e al New Mexico”.
Molto però resta da fare, continua Petrini, per dissipare le troppe diffidenze e i lacci legali e burocratici che in tante aree del mondo continuano a frapporre ostacoli in nome di “una visione falsamente iper-igienista che impedisce di realizzare uno dei tratti essenziali della biodiversità. Il latte crudo non è ancora riconosciuto come elemento distintivo in troppe realtà, anche europee, penalizzando produzioni storiche. Per questo vale la pena di sostenere questa battaglia”.
Ma quella di Cheese è una filosofia più generale: “vorrei che Cheese - dice Petrini - fosse la prova che in ogni sede continuiamo a essere Terra Madre. Per questo invitiamo tutti a partecipare alla raccolta fondi promossa in favore di due contee del Kenya, colpite dall’aumento delle temperature che hanno coinvolto oltre l’80% del patrimonio animale”. La siccità mette in pericolo di vita più di 3 milioni di persone in quest’area e di fronte a questo dramma la rete non vuole restare inerte a guardare: “non dimentichiamo il nostro retroterra, quello degli stessi pastori e allevatori che fanno grandi le nostre manifestazioni”.
Il forte messaggio politico di fondo, accompagnato da un attento lavoro di selezione, è dunque ciò che più identifica Cheese: “non una fiera ma, ancora una volta, un’occasione per fare il punto sul mondo del latte e dei formaggi e per orientarlo attraverso la sensibilizzazione non solo dei produttori ma di chi fa la spesa” riassume il presidente di Slow Food Italia Gaetano Pascale. Se il settore attraversa una così forte crisi, spiega Pascale, ciò si deve anche a un mancato riconoscimento di ciò che distingue le singole produzioni, e di conseguenza a una scarsa risposta da parte dei consumatori. Il presidente di Slow Food Italia punta il dito sugli errori del modello di sviluppo che ha governato l’intero comparto: “negli ultimi trent’anni gli allevamenti si sono costantemente dimezzati in ogni decennio, crescendo però nelle dimensioni. Questo processo, si diceva, avrebbe dovuto rendere più “efficiente” il settore. Invece ha spesso penalizzato le produzioni più attente alla biodiversità e al benessere animale, senza mitigare la sofferenza degli altri. Perché nemmeno i bassi costi di produzione delle aziende “efficienti” sono abbastanza bassi da reggere la concorrenza internazionale”.
A penalizzare la qualità dei formaggi contribuisce inoltre la rincorsa a gusti sempre più uniformi, aggiunge Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e responsabile scientifico di Cheese. Una tendenza che ha origine nell’utilizzo di fermenti selezionati, prodotti da poche grandi aziende: “se si ricorre a questi fermenti anche i formaggi a latte crudo sminuiscono la loro unicità. Per questo a Cheese stiamo iniziando un percorso che dovrà portarci a garantire che tutti i formaggi siano non solo a latte crudo ma realizzati con fermenti locali”.
La scommessa sul latte crudo appare fondamentale anche per uscire dall’impasse del settore: “Sono convinto che sia una scommessa importante e che sicuramente sarà vinta - afferma l’Assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Giorgio Ferrero - anche per i formaggi piemontesi si tratta di una scelta di qualità che aiuta a proiettarsi sui mercati internazionali. Un patrimonio alimentare che occorre difendere e valorizzare, che non teme il confronto con formaggi e territori dai nomi prestigiosi. Di questo, della strenua difesa di questa nostra storia e tradizione, dobbiamo dire grazie a Slow Food e a Cheese. Che non a caso riesce a trovare estimatori e frequentatori anche da molto lontano, proiettando all’esterno l’eccellenza delle nostre terre”.
“Cheese in questi vent’anni ci ha permesso di sperimentare buone pratiche che poi sono entrate a far parte del sistema Bra, in una sorta di “slow life" condivisa da molti”, ha aggiunto il sindaco di Bra Bruna Sibille. D’altro canto, rimarca il sindaco, “alcune delle peculiarità di Bra hanno contribuito al successo di Cheese in una sinergia virtuosa che tocca tanti campi, come la mobilità sostenibile, con una fetta di centro storico permanentemente vietata alle auto, l’attenzione alla raccolta differenziata, con il “presidio” del rifiuto, coniato proprio a Cheese, che trova il suo contraltare nel virtuosismo dei braidesi tutto l’anno e che pochi mesi fa, con tre anni di anticipo sul traguardo stabilito per legge, ha permesso di superare il 65% di differenziata. E poi ci sono le “buone abitudini” alimentari, come ad esempio la mensa scolastica e la proposta enogastronomica di tanti locali del territorio che hanno fatto propri i principi del cibo buono pulito e giusto”.

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