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Sembra vino ma non è: ecco Canavì, incontro tra il Verdicchio di Andrea Pieralisi (Monte Schiavo) e la canapa coltivata da Alessio Amatori, tutto made in Marche, per quello che è già stato ribattezzato il primo “vino alla cannabis” d’Europa

Se del rapporto tra produzione di vino e coltivazione di marijuana ultimamente si parla spesso in California, in Italia potrebbe essere arrivato il primo “vino”, anche se così non si può chiamare, alla cannabis: così è stato ribattezzato il Canavì, che nasce dall’incontro tra il produttore di Jesi, Andrea Pieralisi, alla guida di Monte Schiavo, ed il conterraneo Alessio Amatori, coltivatore di Canapa a Cingoli, con l'azienda Canapa Verde, come riporta il sito locale “Ancona Today”.

Un prodotto che, naturalmente, non deve far pensare allo sballo, perchè il principio attivo della cannabis presente nella bevanda è dello 0,4%, al di sotto dei limiti di legge. Solo 1.200 i pezzi prodotti, appena imbottigliati e già in distribuzione.


“Al momento lo abbiamo fatto degustare ad alcune enoteche che sono rimaste soddisfatte e lo hanno ordinato - spiega Amatori - un esperimento ben riuscito che al momento non è replicabile visto che usiamo infiorescenze fresche e il raccolto annuale si fa a luglio”.

“L’idea mi è venuta prendendo spunto dagli Stati Uniti - prosegue Amatori - dove già hanno iniziato a produrre questo tipo di prodotto. Conoscendo Andrea Pieralisi gliel’ho proposto. Lui ne ha parlato con il suo enologo, l’idea è piaciuta ed è nato Canavì”.

Una contaminazione non nuova, quella tra canapa e prodotti alimentari in Italia, dai biscotti alla pasta, dalla birra alle grappe. Ma per il vino, nel Belpaese e in Europa, dovrebbe trattarsi di un debutto assoluto.

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