“Dobbiamo difendere la Politica Agricola Comune in queste dimensioni. Dovremo discutere su come ripartirla meglio, ma è fondamentale che l’Europa continui a considerare l’agricoltura come elemento centrale”: così il viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero nel convegno “Futuro primario. Dalla Politica agricola comune all’agricoltura 4.0, le prossime sfide dell’agricoltura italiana ed europea”, che ha inaugurato Fieragricola n. 113 (rassegna internazionale del settore primario, di scena a Verona, da oggi al 3 febbraio) ed a cui hanno partecipato anche anche Paolo De Castro, vice presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Herbert Dorfmann, europarlamentare componente della Commissione Agricoltura e Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti (www.fieragricola.it). Ed è proprio da Fieragricola che emergono le linee di quelle che dovranno essere le politiche e l’Europa del futuro, se si vuole assicurare un futuro all’agricoltura italiana: difesa della Pac; tutela delle indicazioni geografiche; etichettatura per informare il consumatore e assicurare maggiore valore aggiunto agli agricoltori; maggiore forza nei trattati internazionali di libero scambio. In gioco c’è un nuovo modello di globalizzazione, ancora tutto da plasmare. “Fin dalla sua nascita, nel 1898, Fieragricola ha indicato al mondo agricolo la strada dell’innovazione, cercando di dare risposte ai bisogni della società - ha esordito Maurizio Danese, presidente Veronafiere - perché quando parliamo di agricoltura non dobbiamo dimenticare che facciamo riferimento a un settore il cui benessere riguarda tutti noi. Oggi la sfida riguarda l’agricoltura di precisione, la digitalizzazione, senza abbassare la guardia su temi che nel mondo non sono così scontati, come la sicurezza e la salubrità delle produzioni agricole e animali, la qualità, l’accesso al cibo e la redditività degli agricoltori, aspetto imprescindibile se si vuole garantire un futuro al settore e agevolare un ricambio generazionale in Italia ancora troppo lento”.
Il messaggio forte del convegno è che la Politica Comune Agricola - Pac va difesa: con 420 miliardi di euro stanziati dall’Unione Europea per il periodo di programmazione 2014-2020, pari al 39% del bilancio comunitario (con un’assegnazione all’Italia di 52 miliardi di euro, di cui 41,5 dall’Unione europea e 10,5 dallo Stato), l’agricoltura rappresenta il cuore e il collante dell’Europa. Una delle incognite per il settore riguarda l’ammontare delle risorse che saranno rese disponibili dall’Unione europea per la fase post 2020, tenuto conto che in termini economici l’agricoltura ha visto ridurre il proprio peso dagli anni Ottanta, quando costituiva oltre il 70% del bilancio comunitario.
La Brexit aggiunge a questo contesto uno scenario di ulteriore incertezze, ma anche di opportunità. “Con la Brexit - ha detto Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo - verranno a mancare 12 miliardi di euro all’anno e non vogliamo che questo vada a gravare sulle politiche agricole e sulle politiche di coesione”. Anche perché la competizione è più che mail globale. “Gli Stati membri conferiscono all’Ue lo 0,98% del proprio Pil - ha precisato De Castro - ma mentre Bruxelles spende ogni anno 23 miliardi per l’agricoltura, gli Usa spendono 90 miliardi di dollari. Sono numeri molto diversi, tenuto conto che la superficie agricola disponibile non è poi molto diversa”. L’uscita in corso della Gran Bretagna dall’Ue può però avere una lettura in chiave positiva. Secondo il vicepresidente, infatti: “con la Brexit la maggioranza del blocco nordico è finita, ora c’è la maggioranza del blocco mediterraneo”.
Un’opportunità da cogliere anche su un tema strategico come quello dell’etichettatura. L’intervento di Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, non ha fatto sconti a questa Europa. “Sull’etichettatura l’Ue sta cercando di andare in direzione opposta e la Pac, con le proprie risorse, deve essere difesa. Anzi, deve essere aumentata - ha affermato Moncalvo - essendo l’unica fonte di finanziamento per gli agricoltori. Non dimentichiamo che la Pac vale meno del 1% del bilancio nazionale, ma traina un settore come l’agroalimentare italiano, che incide per il 17% del Pil. Su scala continentale, poi, la il settore dà lavoro a 44 milioni di persone”. “L’etichettatura - come ha rimarcato Herbert Dorfmann, europarlamentare componente della Commissione Agricoltura - è una questione di natura economica, ma anche culturale ed è la strada che l’Europa mediterranea e l’Italia in particolare devono percorrere, per difendere i propri prodotti agroalimentari di qualità, magari coinvolgendo l’industria alimentare e la ristorazione”.
Sulle certificazioni e i trattati internazionali, la posizione italiana va verso una difesa globale dei riconoscimenti geografici. “Noi vorremmo avere le indicazioni geografiche in tutto il mondo, in una logica sana di collaborazione”, ha chiarito il viceministro Olivero, supportato da Moncalvo. “Servono regole comuni, soprattutto nei trattati internazionali - ha aggiunto il presidente Coldiretti - perché non è possibile una competizione fra il grano italiano e quello canadese che, se i canadesi non potessero usare il glifosate, nemmeno esisterebbe. E così anche per il riso, dove i principali concorrenti del sud Est asiatico utilizzano prodotti chimici da noi vietati da oltre 30 anni”. Anche a livello internazionale il nodo è legato alla qualità e alle regole.
“Ci siamo lamentati sette mesi fa del Ceta, l’accordo di libero scambio fra Ue e Canada - ha proseguito Moncalvo - e oggi lo ripetiamo su Mercosur (l’accordo di libero scambio con i paesi sudamericani) e Giappone: oggi l’agricoltura è merce di scambio nei grandi trattati e i sistemi di controllo, le cosiddette clausole di salvaguardia, sono di fatto inattivabili”.
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