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“Grave e irresponsabile” tornare a pensare all’aumento delle aliquote Iva nel prossimo Def. A dirlo Federalimentare: “si deprimono ripresa dei consumi interni e il Pil”. Coldiretti: “colpiti beni di prima necessità, a discapito delle famiglie”

Dopo gli allarmi sulle possibili ripercussioni della guerra dei dazi tra Usa e Ue, per l’agroalimentare del Belpaese torna ad aleggiare un altro pericolo, questa volta tutto nazionale, ovvero il possibile aumento dell’Iva di cui si è tornati a parlare i vista dei lavori che impegneranno il prossimo Governo, quale che sia, sul Def (Documento di Economia e Finanza). “Grave e irresponsabile la proposta di chi comincia a ventilare la possibilità che forse l’Italia potrebbe fare un sacrificio e accettare l’aumento delle aliquote Iva liberando così risorse per altri interventi”, ha detto senza mezzi termini il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia.
“Considerando che un tale aumento provocherebbe un nuovo crollo del mercato interno e un aumento dei prezzi di beni di prima necessità questo provvedimento riscuoterebbe un doppio effetto negativo.
Da un lato - sottolinea Scordamaglia - si assisterebbe a un’ulteriore depressione dei consumi alimentari, che dopo anni di crisi hanno appena ricominciato a crescere sul mercato nazionale, da cui dipendono molte Pmi italiane non in grado per dimensione di agganciare il traino dell’export, con conseguente rallentamento del Pil; dall’altro - secondo il numero uno degli industriali del settore alimentare - si assisterebbe all’aumento ulteriore del gap tra le famiglie (sempre meno) che non hanno problemi di potere di acquisto e possono indirizzarsi verso prodotti premium e quelle (sempre più numerose) che non riuscirebbero a far fronte ai significativi aumenti su beni alimentari di prima necessità e dovrebbero quindi ulteriormente ridurre anche qualitativamente la propria alimentazione”.
Una visione condivisa anche dalla Coldiretti: “l’ aumento dell’Iva colpirebbe soprattutto beni di prima necessità come pane, pasta, frutta e verdura con aliquota al 4% ma anche carne, pesce, yogurt, uova, riso, miele e zucchero con aliquota al 10%, con effetti drammatici sui redditi delle famiglie più bisognose e sull’andamento dei consumi in settori come quello alimentare che è determinante per sostenere la ripresa in atto”.
“Chi è stato premiato dai risultati elettorali - chiosa Scordamaglia - certamente non potrà condividere questa scelta che non farebbe altro che aggravare la disuguaglianza sociale del Paese. Ecco perché sarebbe necessario insistere perché vengano inserite fin dal prossimo Def norme di sterilizzazione delle clausole di salvaguardia dell’Iva”.

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