La Cina, che tutti gli studi di mercato indicano come primo consumatore di vino al mondo nel giro di pochi anni, continua a crescere. E continua a crescere anche il peso del vino straniero, nel Paese, che ora rappresenta il 40% di tutto il vino fermo venduto dentro la Grande Muraglia. A dirlo l’ultimo report di Wine Intelligence, il “China Landscapes 2018”. Una buona notizia, anche per l’Italia del vino, che oggi in Cina vale tra il 6-7% della quota di mercato dei vini stranieri, dove domina la Francia, seguita dall’Australia, ma con il Belpaese in forte crescita (+63% nei primi 3 mesi del 2018), e dove imprese ed istituzioni stanno investendo con convinzione, come sta facendo l’Ice, che ha destinato 3 milioni di euro alla promozione del vino italiano in Cina, sui 17 totali stanziati per il made in Italy nel suo complesso, e che ha siglato un accordo con Cofco, gigante di stato della logistica e della distribuzione in Cina (con un giro d’affari di 100 miliardi di euro ogni anno, 400 wine shop, 1.000 distributori e 11 negozi on line, canale che veicola oltre il 30% delle bottiglie vendute nel Paese), per una campagna di promozione che coinvolgerà, nei prossimi 12 mesi, oltre 200 negozi in cui saranno dedicati canali ad hoc per il vino del Belpaese, che sarà protagonista anche di corsi di formazione sia per i consumatori che per il trade, anche via web, grazie a piattaforme come Jd.Com e Tmall.Com. Piattaforme che sono sempre più importanti, perché se ormai via ecommerce si vende oltre il 30% del vino in Cina, i diversi portali, sottolinea Wine Intelligence, stanno puntando sempre di più su fine wine e vini di fascia premium, sebbene il grosso del mercato e della competizione sia ancora sul segmento entry level. Ma anche la distribuzione “tradizionale” cerca di cambiare, cercando di sviluppare un network più capillare nelle diverse Regioni del Paese, e puntato molto sulla vendita diretta al consumatore, saltando più intermediari possibili. Ma da un mercato ancora in forte evoluzione, ed in gran parte da costruire, soprattutto a livello di cultura del vino, arrivano anche segnali in netta controtendenza rispetto all’andamento generale. In questo senso, Wine Intelligence segnala lo scarso successo, in Cina, degli spumanti, che stanno invece guidando la crescita a livello mondiale, così come dei vini “bio”, per i quali c’è poca domanda, anche per la complessità legata al riconoscimento delle certificazioni.
Tra i marchi più “potenti” del vino in Cina, riporta lo studio inglese, al top rimangono i due giganti di casa, Changyu e Great Wall, seguiti da grandi nomi di Francia, Australia, Cile e Usa, da Lafite, Yello Tail, Penfold, Casillero del Diablo, Concha y Toro, Carlo Rossi, Torrse, Rownson’S Retreat, Jacob’s Creeek, Mouton Cadet, Castel, Robert Mondavi e Gallo Family Vineyards.
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